Antico e Primitivo Rito di Memphis e Misraïm
       Sovrano Santuario Italiano



N. IV Aprile 2010
Sezione Aurea
(G. Miliacca)
Aura Animica
(C. Casablanca)

 

(C. Vettori)L'influenza di Cagliostro sulla musica di Mozart


(G. Miliacca)Sezione Aurea

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L'influenza di Cagliostro sulla musica di Mozart

di Carlo Vettori

Premessa: Al tempo di Mozart molti massoni rivolgevano l’attenzione esclusivamente ai sistemi degli Alti. Questi Alti Gradi sottostavano a un’assoluta segretezza, ragion per cui oggi si dispone di una mera quantità di informazioni a tal riguardo. Secondo diverse fonti risulta probabile, sebbene non ancora dimostrabile, che anche Mozart abbia preso parte a uno di questi sistemi. Un sistema di Alti Gradi di questo tipo fu creato da Cagliostro, il quale cercò di espanderlo in tutta Europa attraverso i suoi viaggi.

Da quanto ne sappiamo oggi, Mozart e Cagliostro non si sono mai incontrati. Tuttavia, resoconti recenti sembrano dimostrare che quest’ultimo sia effettivamente stato almeno una volta a Vienna, anche se per un breve periodo. Probabilmente Cagliostro non avrà percepito il genio musicale di Mozart, ma quest’ultimo avrà di certo udito più volte il nome di Cagliostro nei saloni aristocratici della residenza imperiale. Ed è anche possibile che avesse sentito parlare di lui nel Journal für Freimaurer (“giornale del massone“) che circolava nelle cerchie massoniche viennesi. Nel 1786, questo giornale citava, infatti, un dettagliato resoconto tratto dalle sue memorie nel quale veniva descritto il suo aspetto con le seguenti parole: «E‘ un tipo piccolo, corpulento, dalle spalle incredibilmente larghe, [...] con la testa rotonda, i capelli neri, la fronte schiacciata, [...J occhi neri ferventi e frementi con un luccichio di malinconia, un naso un po’ ricurvo [...], [...] le labbra pronunciate […], orecchie sottili e piuttosto piccole, mani piccole e carnose, piedi piccoli e graziosi, dal carattere fortemente vitale, con una voce potente, squillante e piena. E’ un uomo prodigioso, visionario, evocatore di spiriti, medico ed eroe talmente pieno di umanità che non accetta danaro per il suo mestiere e vive agiatamente da molti anni da queste parti senza che nessuno sappia da dove prenda i soldi».

Tutt’altro punto di vista fu quello di Giacomo Casanova, il quale nel suo scritto Il soliloquio di un pensatore pubblicato a Praga nel 1786, tacciò Cagliostro di ciarlataneria. Negli imbrogli alle persone altolocate e ai benestanti non scorgeva in sé nulla di biasimabile, tuttavia gli rimproverava una mancanza di eleganza e di umanità. Anche per il Wiener Realzeitung Cagliostro dava l’aria di essere un impostore più che un “sognatore“. Cagliostro rappresenta infatti a tutti gli effetti l’altra faccia dell‘Illuminismo: in lui si personifica la tendenza al misticismo, alla fede nei miracoli e alla smania di fare mistero della società, certamente “illuminata“ ma anche oramai annoiata dall‘Illuminismo. Proprio questa società fu, per lui e per altre correnti esoteriche, fautrice di saggezza teosofica, ma al contempo alchimistica o occulta, e di pratiche di grande successo. “Nessuno“, scrive Henriette Louise Baronin Oberkirch nelle sue famose Memorie, “può immaginare la passione con cui la gente si gettasse al collo di Cagliostro“.

 Ma chi era veramente questo Cagliostro, della cui origine si era interessato personalmente il viceré di Napoli, che Jean-Antoine Houdon rese immortale con una statua di marmo, del quale si occuparono criticamente Goethe e  Schiller e la cui attendibilità causò la rottura dei rapporti tra Goethe e il fisiognomista svizzero Lavater, il quale alla fine sfidò l’inquisizione papale  nel suo ultimo processo agli eretici prima della disgregazione dello Stato Pontificio, e che, un secolo più tardi, Johann Strauss era pronto a mettere al centro di una sua operetta?

La vita di Cagliostro inizia, in modo tutt’altro che spettacolare, l’8 giugno 1743 a Palermo, dove nacque con il nome borghese di Giuseppe Balsamo e figlio di genitori impoveriti. Fu in seguito lui stesso a tessere delle sue origini una trama leggendaria. Anche in gioventù deve aver dimostrato di possedere certi poteri occulti. Poi sopraggiunsero alcune conoscenze basilari di medicina e farmaceutica, che con ogni probabilità acquisì nel convento dei Fatebenefratelli di Caltagirone in cui era novizio della farmacia conventuale. Nel 1768 Giuseppe Balsamo si recò per la prima volta a Roma. Nel frattempo aveva assunto il cognome Cagliostro da un suo prozio di Messina ed era asceso alla nobiltà senza pagare tasse sotto il nome di Alessandro Conte di Cagliostro. Assieme alla moglie Serafina, il cui nome originario era Lorenza Feliciani ed originaria di Roma, viaggiò per l’Europa vendendo elisir d’amore e di giovinezza, acque di bellezza e trucchi alchimistici. A ragione Cagliostro speculava sulla vanità degli uomini: prometteva ai vecchi la giovinezza, ai brutti la bellezza e questo gli rese un buon affare.

Ma egli fece parlare di sé anche come guaritore. Secondo alcune fonti Cagliostro nel 1777 venne a contatto a Londra con la massoneria  ed entrò a far parte della Loggia L'Espérance, il sistema degli Alti Gradi della  Stretta Osservanza. Prese dunque a modello questa associazione segreta per dare vita alla sua “Alta Massoneria Egiziana“. Per scoprire i segreti egizi volle andare direttamente in Egitto. L’assoluta novità del suo Ordine massonico fu il fatto che non prevedeva l’eliminazione di nessuna religione ma soprattutto accoglieva le donne come membri della sua loggia. Queste „Loggie di Adozione“, secondo l’opinione dei contemporanei, costituirono i “più memorabili e recenti fenomeni del mondo della massoneria“. Si trattava di logge miste alle quali aderivano sia uomini che donne, in cui dignità e cariche erano presidiate e ripartite in egual misura tra fratelli e sorelle. Logge di adozione del genere si riscontrarono anche a Praga e Vienna dopo la metà degli anni ‘80. Il fatto che le donne fossero ammesse in un’associazione esclusivamente maschile era dovuto alla loro nuova posizione sociale, preannunciata apertamente alla vigilia della Rivoluzione Francese. Anche il Rito Egizio di Cagliostro faceva riferimento in chiave metaforica a questo concetto: le candidate venivano legate nel Tempio mani e piedi alle colonne con dei nastri di seta. Le Gran Maestre definiscono in questo modo il rituale delle donne: “Lo status al quale ora appartengono è un simbolo che la società borghese assegna loro.“ Con lo scioglimento dei vincoli si dovevano anche sciogliere, simbolicamente, le “catene della servilità“ che tenevano le donne sottomesse agli “uomini“.

Come in tutti i sistemi degli Alti Gradi del XVIII secolo, anche il Rito Egizio di Cagliostro si basava sui tre gradi simbolici dell’apprendista, del compagno e del maestro, differenti solamente a livello esteriore e non essenziale dai rituali consuetudinari delle logge massoniche. Ai suoi adepti prometteva ogni perfezione mediante la rigenerazione morale e fisica che questi – un tempo immagine di Dio – avevano perduto a causa del peccato originale. Il sistema degli Alti Gradi creato da Cagliostro comprendeva cinque gradi per un totale di solamente 192 presunti membri e ai quali si poteva accedere solamente in caso di posto vacante. Al vertice di tale sistema organizzativo risiedevano i Superiori Incogniti tra i quali anche il “Gran Cofto“, dietro la cui figura nessuno si camuffava meglio di Cagliostro. Sebbene non sia riscontrabile un concreto elenco dei tributi ricevuti, si presuppone che Cagliostro si facesse pagare profumatamente dai nuovi membri di entrambi i sessi per essere ammessi in questa illustre cerchia, specialmente nei gradi più alti. Parte del suo sempre più discusso patrimonio sembra esser stato proprio alimentato da questi introiti.

Dopo i primi tentativi di installare il suo sistema di adozione nel Den Haag e più tardi nel ducato di Kurland e a Basilea e poi, pur con minor successo, a S. Pietroburgo e a Varsavia, riuscì a sfondare la breccia di Strasburgo sotto il protettorato del cardinale Louis de Rohan. Nel 1784, a Lione, la Loggia Madre di Adozione Sagesse Triomphante divenne il punto nevralgico del Rito Egizio di Cagliostro. A questa loggia ne seguì anche un’altra, “Isis”, l’anno successivo a Parigi. Fu a Parigi che Cagliostro riuscì ad ottenere l’approvazione del Sistema Egiziano grazie al duca di Chartres, Gran Maestro della massoneria francese. Non è di certo un caso che  il suddetto duca, uno dei cugini del re francese, proprio in quel tempo si fece erigere una piramide disegnata a mo’ di “Tomba egizia“ nel parco del castello di Monceau. In questa città Cagliostro si trova coinvolto nella cerchia degli indiziati per lo scandalo della collana di brillanti commissionata da Maria Antonietta e nel quale era implicato principalmente il suo protettore, il Cardinale di Rohan. Il rapporto di vicinanza con i compromessi grandi elemosinatori fece sì che Cagliostro fu segregato per nove mesi nella prigione della Bastiglia. Successivamente fu prosciolto ma fatto esiliare dal paese; da questo momento la stella di Cagliostro andò in rapido declino. Il viaggio a Londra sembrò una vera e propria fuga, accompagnata dalla diffamazioni apparse sul Courrier de l'Europe. Il suo piano di erigere a Londra una Loggia Madre di adozione fallì malgrado l’invito sul Morning Herald del 2 novembre 1786 e così il 30 marzo 1787 Cagliostro lasciò Londra alla volta del Continente. La sua meta era a questo punto Basilea. Qui trovò per lungo tempo nella figura del fabbricante di nastri di seta Jakob Sarasin un protettore eccellente e adepti fedeli. Nella Casa dei Sarasin Cagliostro fondò la Loggia Madre dei Paesi elvetici. Deve aver in qualche modo occultato i suoi lavori massonici nel padiglione del giardino della Glöcklihof a Riehen, nell‘odierno sobborgo residenziale di Basilea. Lui stesso si era ritirato sul lago di Bienna a Rockhall. Ma anche qui, tra i suoi amici svizzeri, si percepisce presto l’eclissi dell’aura di fascino che ruotava attorno a Cagliostro. A questo contribuirono certamente le parole compromettenti di Elisabetta von der Recke apparse sulla stampa a Berlino nel 1787.

Intorno alla fine del 1787/88 si ebbero notizie che vedevano Cagliostro a Vienna. In una corrispondenza dalla Svizzera si leggeva nel Wiener Zeitung del 17 novembre 1787: ”Cagliostro è partito da Vienna e lo ha accompagnato in questo viaggio il suo amico del cuore Lord George Gordon”. Undici giorni dopo il Pressburger Zeitung riportava che Cagliostro „alloggerà al Matschaka Hof“.
Agli inizi del 1788 l’Ofner Staatszeitung annunciava: “Il Conte Cagliostro ora dovrebbe essere a Vienna”. In questa città  offrì cure basate sul magnetismo gratuitamente come il noto magnetizzatore Franz Anton Mesmer riscuotendo in breve tempo grande fama. Forse in Cosi fan tutte KV 588 di Mozart è proprio grazie alla cura del magnetismo che Despina travestita da dottore canzona il soggiorno di Cagliostro
a Vienna.

Anche in Svizzera si improvvisò guaritore praticando il mestiere sempre a titolo gratuito pur non disprezzando i generosi regali alla sua consorte. Il 6 settembre 1788 giunse a Rovereto dove intensificò ancor di più questa attività. L’affluenza era enorme come si deduce dal resoconto formulato in latino da Clementino Vannetti, Segretario dell’Accademia degli Agiati. Lui abita a casa di un tale Giuseppe Festi in via Mercerie 11 di fronte alla Casa di Mozart. Sporadicamente lo si vede nel paesino  Villa sull’altra sponda del fiume Adige che esegue il rito di inizializzazione ad alcuni interessati al Rito Egiziano. Ma a Rovereto  lo raggiunge la lettera di anatema dell’imperatore Giuseppe II: gli viene pertanto interdetta “la pratica della medicina“.  Dopo soli  46 giorni Cagliostro lasciò di nuovo la città per dirigersi al nord e precisamente a Trento. Anche qui si deliziò del ottimo riscontro che ebbe la sua splendida arte medica. A partire da questo momento Cagliostro sembrava anche aver preso contatti con la massoneria a Bolzano. A Trento prese la decisione poco condivisibile di andare a Roma. Il 13 maggio 1789 grazie a un passaporto firmato dal vescovo-principe Peter Vigilius Graf Thun e a vari consigli, Cagliostro e sua moglie si spostarono a Roma. Ma il suo tentativo di diffondere anche qui il suo Rito Egizio, venne  visto come una sorta di sfida da parte della Congregazione del Santo Offizio.

Il 27 dicembre 1789 Cagliostro fu arrestato e rinchiuso a Castel  Sant’Angelo e Serafina messa agli arresti domiciliari al Cenacolo di Sant’Apollonia. Nella valigia di Cagliostro, oltre a diversi oggetti di magia, custodiva anche una  statuetta della dea Iside e del toro Api. Il 2 gennaio 1790 si aprì il processo di inquisizione che si sarebbe concluso solo dopo tre mesi con la promulgazione della condanna a morte. Cagliostro fu tuttavia sottratto a tale esecuzione e la sua pena commutata con il carcere a vita. In un Autodafè vennero  bruciati in pubblico i suoi scritti sulla Massoneria egiziana. Il 23 agosto 1795, dopo quattro anni, quattro mesi e cinque giorni di reclusione nella Rocca di San Leo a Urbino, Cagliostro morì all’età di 52 anni. Gli fu negata la sepoltura cristiana. Per quanto riguarda il Rito Egizio Cagliostro soleva dire che lui aveva “appreso le sue scienze segrete nelle volte sotterranee delle piramidi egizie e fu lì che, come Mosé,” sarebbe stato “erudito di tutta la saggezza degli egizi“, specialmente nei Misteri di Iside e Osiride. Punto nevralgico di questi Misteri fu il mito di Osiride, il leggendario faraone ucciso dal fratello Seth, che ne fece a pezzi il cadavere, ma che risuscitò con l’aiuto della moglie Iside. Nell’antico Egitto si soleva promettere ai fedeli la medesima rinascita. Per loro la vita non era che l’introduzione all’eternità, ove ogni comportamento assunto sulla Terra veniva valutato in funzione dell’obiettivo ultimo. In tal senso il coinvolgimento di questa filosofia di rigenerazione nel Rito Egizio di Cagliostro orientato in senso cristiano non contrastava apertamente la rivelazione divina.

L’appropriazione dell’Egitto come patria primordiale di saggezza e mistero, luogo di destinazione della ricerca della redenzione e delle prove ad essa correlate, di trasfigurazioni e consacrazioni trova il suo punto di partenza in Diodoro e Plutarco e nelle avventure di Lucio nelle Metamorfosi di  Apuleio. In nessun caso si tratta della riproduzione delle fonti primarie dell’antico Egitto, accessibili solamente a partire dal 1822 con la decifrazione dei geroglifici da parte di Francesco  Champollions, bensì della riproduzione di ciascun sapere relativo alla religione e alla saggezza dell’Egitto “classico“ secondo quanto è stata tramandato dai greci e dai romani. Questo tipo di trasmissione ebbe una determinante influenza fino ai tempi del Rinascimento e dell‘Umanesimo sul sistema simbolico egizio, il quale fu poi ‘decifrato' per rendere comprensibile ai posteri la tradizione ermetica della saggezza dell’antico Egitto.
Ecco che l’intero XVIII secolo che si era pregiato del fascino proveniente dalla lontana terra sul Nilo stava volgendo al termine. Furono i monumenti `egizi' di Roma, ovvero opere faraoniche, copie o nuove interpretazioni, a costituire una fonte fruttuosa di ispirazione per gli artisti europei dato che solo pochi potevano intraprendere un viaggio fin nel lontano Egitto. Tra i più noti arredamenti interni in stile egiziano a Roma spiccavano il Caffé degli Inglesi in Piazza di Spagna, la camera egizia nel Palazzo Massimo e a Villa Borghese o nell‘Escorial spagnolo nella Casita del Principe. Nel 1770, a Versailles era stata arredata una camera da letto egiziana per Maria Antonietta. Persino nella cura del giardino vennero inclusi i motivi egiziani: ad esempio, nel 1777, per volere di Ferdinando di Hohenberg fu eretto un obelisco recante un’iscrizione a mo‘ di geroglifico nel parco della casa imperiale di Schönbrunn a Vienna. Anche l’architettura rivoluzionaria francese di Etienne-Louis Boullée o di Claude-Nicolas Ledoux si pregiò nella sua monumentalità di motivi egizi.
I motivi egizi dovevano infatti essere nell’impero l’elemento decorativo per eccellenza.

Senza dubbio anche il Libretto di Schikaneder in due atti KV 620 Zauberflöte (Flauto magico) risentì dell’influenza di questa egittomania diffusa in tutta Europea. Già il frontespizio inciso da Ignaz Alberti riproduce questa tendenza nella piramide tombale ivi presente. Più volte le immagini vengono ritenute un’allegoria massonica della ricerca della parola perduta. Effettivamente in questo frontespizio le due abrasioni del grafico francese Jean-Laurent Legeay ne sono un esempio. Lo scenario architettonico raffigurato nel frontespizio di Alberti è stato tratto in ogni minimo dettaglio della rappresentazione di  San Francesco in adorazione estatica della croce;. Le trovate di Alberti nelle sue incisioni sono la piramide sovrastata da un rilievo della testa del toro Api e da geroglifici carichi di valori simbolici presenti sul bordo sinistro dell’immagine, nonché dal riconoscibile torso di una statua dietro a un‘ondulazione del terreno. Anziché riprodurre una lanterna sospesa, Alberti sceglie di inserire una stella a cinque punte al cui centro guizza una fiamma verso l‘alto e nella quale viene inserita la composizione dell‘immagine. Questa “Stella fiammeggiante“ diventa dunque la chiave per l’interpretazione massonica di questo capriccio architettonico.  
Come fonte di ispirazione per la scena centrale delle prove di cui si parla ne Il flauto magico, viene preso il romanzo Sethos dell’abate Jean Terrasson, apparso nel 1731 in forma anonima e nel quale si descrive dettagliatamente l’introduzione di un principio nei misteri dell’antico Egitto. A partire dal 1777 questo bestseller fu accessibile anche al pubblico tedesco nella traduzione di Matthias Claudius.
L’identificazione del Regno di Sarastro con l’Egitto è riscontrabile nel Libretto di Schikaneder solamente in poche osservazioni, come la sontuosa camera egizia di palazzo, le alte porte dell’antico Egitto, la piramide corredata con una trasparente epigrafe nello scenario della prova del fuoco e dell’acqua, le lanterne del sacerdote a forma piramidale o le sedie del prete dietro le quali spicca una piramide. Che gli uomini di Sarastro fossero sacerdoti “egizi” lo si evince solamente dall’ultima didascalia. Perciò nemmeno nelle più vecchie immagini del Flauto magico della rappresentazione effettuata ad Amburgo nel 1793 o in quelle, di due anni dopo, di Brünn nel Allgemeinen europäischen Journal è riconoscibile un comune colorito egizio. Ad Amburgo, come anche prima a Lipsia e a Monaco, Sarastro e i suoi sacerdoti nel primo atto non indossano abiti egizi bensì entrano – riconoscibili dai tipici copricapo – come sacerdoti ebrei del tempio. Le immagini `Brünner' del 1795 mostrano addirittura il famoso Miznefet a forma di turbante di un sommo sacerdote e risalente a una vecchia tradizione ebraica. Dall’altra parte, nell‘”Anmerkung“ nel Libretto dell’adattamento del Flauto magico eseguito per la prima volta il 1 gennaio 1794 nel teatro del vescovo-principe a Passau viene fatto  espressamente riferimento alle “Allusioni alla massoneria egiziana“ citate nel testo originale.

Il fatto che gli elementi egizi offuschino un fattore così determinante sullo scenario del Flauto magico è dovuto anche a un presumibile fatto finora non considerato: l’interesse di Schikaneder per la trasposizione teatrale delle novità politiche del tempo potrebbe averlo indotto a questa organizzazione del Libretto: nella primavera del 1791 si concluse il processo dell’inquisizione papale contro Cagliostro.
La sentenza venne pronunciata, il controllo del processo isolato come a sé stante e bollato come ingiusto. Nel 1791 il Pressburger Zeitung fornì, dopo il catalogo Portheim, più di trenta dettagliati comunicati ed esposti alla persona di Cagliostro alla biblioteca statale e regionale di Vienna. Qui era addirittura apparso in stampa, nell’ambito ristretto dei van Swieten, un memoriale di Cagliostro redatto da Ignaz Ferdinand Arnold sotto lo pseudonimo di Cajetan Tschink. Nel 1791 nella biblioteca Theaterbibliothek Emanuel Schikaneders und der Gesellschaft der Kavaliere era anche presente il libretto stampato della commedia Cagliostro di Natale Roviglio. A metà del 1791 Cagliostro e il suo Rito Egizio erano dunque sulla bocca di tutti.

In questo contesto si deve notare che la fonte  conoscitiva di Cagliostro ha dato vita “nelle sotterranee volte delle piramidi egizie“ a un‘associazione che non deve essere ignorata nella didascalia di Schikaneder relativa alla scena delle prove di Tamino e della sua Pamina in cui si dice espressamente: “Il teatro si trasforma nella volta delle piramidi”. Anche il parallelo tra il serpente trafitto da una freccia nel fittizio emblema di Cagliostro e il serpente ucciso dalle tre dame con un giavellotto argenteo all’inizio del primo atto del Flauto magico è degno di essere menzionato.

E’ difficile stabilire fino a che punto il Rito Egizio di Cagliostro abbia realmente influenzato il Flauto magico e in che modo anche la comune iniziazione di Tamino e Pamina ricordi il rituale di adozione da lui fondato. Si sono susseguiti anche altri sistemi di Alti Gradi basati sui misteri egizi come le Afrikanischen Bauherren sorte a Berlino e soprattutto come i noti “Magier von Memphis” tratti da un rituale francese ampiamente illustrato. In modo particolare l’ultimo sistema di Alti Gradi è vincolato interamente al culto di Iside e Osiride: la statue di entrambe le divinità sono poste all’interno del tempio in posizione di spicco. Le cerimonie di iniziazione vengono celebrate in una volta sotterranea, nella quale il candidato – seguito dalle tre furie infernali – deve superare le quattro prove “elementari“ affiancato dai tre geni del Bene che simboleggiano carità, amore per il prossimo e umanità. Dopodiché il candidato deve fare quattro viaggi per il mondo. Come segno esteriore (visibile) dell’ammissione a tale sistema di Alti gradi questi ottiene un grembiule bianco adornato con velluto rosso e frange dorate. Sul grembiule è riprodotta un‘aureola dorata e sul bavaglio una chiave dorata.

Sezione Aurea

di Goffredo Miliacca

Può capitare di notare l’uguaglianza di due rapporti ad es. :   10 : 5 =  8  : 4    oppure :  

35 : 7 = 10 : 2

   L’uguaglianza esiste   infatti, eseguita l’operazione di  divisione, si ottiene :

2   =    2    oppure :        5   =     5

Ebbene, l’UGUAGLIANZA DI DUE RAPPORTI è la definizione di PROPORZIONE

Esistono poi proporzioni particolari dette CONTINUE

16 : 8 = 8 : 4     ;      9 : 3 = 3 : 1    ;    16 : 4 = 4 : 1

La loro particolarità è di avere uguali i due termini immediatamente a destra e a sinistra dell’uguale, tale termine si chiama MEDIO PROPORZIONALE .
In una proporzione continua può capitare che l’ultimo termine di destra sia pari alla differenza tra il primo a sinistra e quello centrale.
Quando ciò accade si ha un particolare rapporto  che si chiama SEZIONE AUREA

Dato un segmento di lunghezza qualsiasi, (che per comodità possiamo prendere uguale all’unità), detta X la sezione aurea, che è media proporzionale,  in base alla definizione appena data si ha:

1  :   X   =  X : ( 1 – X )
Da cui è facile ricavare  X²=1-X    che ha come soluzione positiva      = φ

φ = 0,61803398875…

Che, da adesso, per semplicità chiameremo semplicemente  φ

  • Una prima osservazione da proporre  è che :     1/0,6180339887.. =   1,6180339887..

 

    cioè 1/φ =1,φ

    E poi          (1,φ )2 = 2,φ


    Ed inoltre
    φ=

    …….=

    La sezione aurea riconosciuta come un rapporto esteticamente piacevole è stata usata come base per la composizione di quadri o di elementi architettonici.
    In realtà è dimostrato che la percezione umana mostra una naturale preferenza e predisposizione verso le proporzioni in accordo con la sezione aurea; gli artisti tenderebbero dunque, quasi inconsciamente, a disporre gli elementi di una composizione in base a tali rapporti.
    Gli artisti e i matematici del Rinascimento tra cui Leonardo da Vinci, Piero della Francesca, Bernardino Luini e Sandro Botticelli rimasero molto affascinati dalla sezione aurea.
    Allora essa era conosciuta come divina proportione e veniva considerata quasi la chiave mistica dell’armonia nelle arti e nelle scienze.
    De divina proportione è anche il titolo del trattato redatto dal matematico rinascimentale Luca Pacioli e illustrato da sessanta disegni di Leonardo da Vinci (1452-1519).
    Questo libro è stato pubblicato nel 1509 ed influenzò notevolmente gli artisti ed architetti del tempo, ma anche delle epoche successive.
    In questo trattato Pacioli ricercò nella proporzione dei numeri i principi ispiratori in architettura, scienza e natura: la regola aurea introdotta fu in seguito chiamata praxis italica. L’aggettivo divina si giustifica perché essa ha diversi caratteri che appartengono alla divinità: è unica nel suo genere, è trina perché abbraccia tre termini, indefinibile in quanto è irrazionale, è invariabile.
    Utilizzando la sezione aurea nei suoi dipinti Leonardo inoltre scoprì che, guardando le opere, si poteva suscitare un sentimento di ordine.
    In particolare Leonardo incorporò il rapporto aureo in tre dei suoi capolavori: La Gioconda, L’ultima cena e L'Uomo di Vitruvio.

    Nella Gioconda il rapporto aureo è stato individuato:

    • nella disposizione del quadro

    • nelle dimensioni del viso

    • nell’area che va dal collo a sopra le mani

    • in quella che va dalla scollatura dell’abito fino a sotto le mani.
    • Ne L’Ultima cena, Gesù, il solo personaggio veramente divino, è dipinto con le proporzioni divine, ed è racchiuso in un rettangolo aureo.

    • Ne L’Uomo, Leonardo studia le proporzioni della sezione aurea secondo i dettami del De architectura di Vitruvio che obbediscono ai rapporti del numero aureo. Leonardo stabilì che le proporzioni umane sono perfette quando l’ombelico divide l’uomo in modo aureo


Ci sono anche altre proprietà interessanti  di  φ  per parlare delle quali, però,  occorre  parlare della serie di Fibonacci, ma, prima di parlare della serie è giusto ed opportuno parlare dell’uomo: Leonardo Fibonacci e del suo valore, cominciando dalla sua biografia
Leonardo Fibonacci, figlio di Guglielmo Bonacci, nacque a Pisa intorno al 1170. Suo padre era segretario della Repubblica di Pisa e responsabile a partire dal 1192 del commercio pisano presso la colonia di Bugia, in Algeria. Alcuni anni dopo il 1192, Bonacci portò suo figlio con lui a Bugia. Il padre voleva che Leonardo divenisse un mercante e così provvide alla sua istruzione nelle tecniche del calcolo, specialmente quelle che riguardavano le cifre indo-arabiche, che non erano ancora state introdotte in Europa. In seguito Bonacci si assicurò l’aiuto di suo figlio per portare avanti il commercio della repubblica pisana e lo mandò in viaggio in Egitto, Siria, Grecia, Sicilia e Provenza. Leonardo colse l’opportunità offertagli dai suoi viaggi all’estero per studiare e imparare le tecniche matematiche impiegate in queste regioni. Intorno al 1200, Fibonacci tornò a Pisa dove per i seguenti 25 anni lavorò alle sue personali composizioni matematiche
In tutta la sua produzione l’opera più importante è il "Liber abaci", comparso attorno al 1228: è un lavoro contenente quasi tutte le conoscenze aritmetiche e algebriche ed ha avuto una funzione fondamentale nello sviluppo della matematica dell’Europa occidentale. In particolare la numerazione indo-arabica, che prese il posto di quella latina semplificando notevolmente i commerci extraeuropei, fu conosciuta in Europa tramite questo libro. In tale sistema di numerazione, il valore delle cifre dipende dal posto che occupano: pertanto egli fu costretto ad introdurre un nuovo simbolo, corrispondente allo zero "0", per indicare le posizioni vacanti. La reputazione di Leonardo come matematico divenne così grande che l’imperatore Federico II gli chiese un’udienza mentre era Pisa nel 1225.
La Repubblica di Pisa  gli conferì il titolo di "Discretus et sapiens magister Leonardo Bigollo" a riconoscimento dei grandi progressi che apportò alla matematica. Fibonacci morì qualche tempo dopo il 1240, presumibilmente a Pisa. Anche al giorno d’oggi la fama di Leonardo è tale che esiste un’intera pubblicazione dedicata a questi argomenti: il "Fibonacci Quarterly", periodico matematico dedicato interamente all’aritmetica connessa alla sequenza di Fibonacci.
La serie di Fibonacci è costituita da una successione  di numeri ciascuno dei quali è la somma dei due che lo precedono. Partendo da uno, quindi :

1° 
10°
11°
...
1
1
2
3
5
8
13
21
34
55
89
...

     Il rapporto tra il successivo e il precedente termine della serie tende al valore della sezione aurea

= 2

Ebbene, continuando con  i  termini  via via crescenti della SdF è  a φ  che tende il loro rapporto.
 La S d F ha anche la proprietà secondo la quale, sommando alcuni termini consecutivi di essa  a partire dal primo, e aggiungendovi   1  si ha un altro termine della S d F e precisamente quello che segue di due posti l’ultimo della somma.
Esempi:

1°    2°    3°    4°     5°   
1  +  1  +  2  + 3   +  5   +  1 = 13       che è il settimo numero della sequenza.
Oppure
1°     2°    3°    4°    5°    6°       7°

  •  +   1  + 2 +  3  +  5  + 8  +  13 + 1 = 34    che è il nono numero della sequenza

Altra proprietà è quella per cui facendo il quadrato di due numeri consecutivi della S d F e sommandoli si ha ancora un numero della S d F che occupa una posizione pari alla somma di quelle dei due numeri di partenza.
Esempi:     
 
4°           5°            9°                            6°             7°              13° 
3²     +    5²   =      34                             8²    +      13²      =      233


Un’applicazione moderna dei numeri di Fibonacci si può riscontrare presso la borsa azionistica di Milano. Prendendo spunto da Leonardo Fibonacci, uno dei più grandi protagonisti della storia della matematica, Ralph Elson Elliot elaborò una teoria di previsione dei mercati finanziari con la quale in tempi recenti sono stati anticipati i più grandi rialzi e i più grandi crolli di borsa.
Usando le onde di Elliot ed i numeri di Fibonacci, il docente universitario G. Migliorino ha previsto con incredibile precisione il punto minimo del drammatico ribasso dell’estate ‘98.

La geometria e la sezione aurea

Esiste uno speciale rettangolo le cui proporzioni corrispondono alla sezione aurea. Il suo nome è rettangolo aureo.
Ovviamente un lato di esso è la sezione aurea dell’altro.
Concretamente se   a = φ , allora  a+b=1

Viceversa, se    a = 1 , allora   b = φ

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Se all’interno di un rettangolo aureo si disegna un quadrato con lato uguale al lato minore del rettangolo, il rettangolo differenza sarà anch’esso un rettangolo aureo. Si ripeta l’operazione per almeno cinque volte al fine di avere un effetto visivo adeguato.

Si punti la punta del compasso sul vertice del quadrato che giace sul lato lungo del rettangolo e si tracci l’arco che unisce i gli estremi dei due lati che formano l'angolo scelto. Si ripete l'operazione per ogni quadrato disegnato in modo da creare una linea continua.
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Questa curva è nota in geometria come “spirale logaritmica” ed è molto più comune in natura di quanto non si creda: E’ una curva equiangolare (in tutti i suoi punti l’angolo formato da un raggio e dalla tangente è costante). Per tale motivo la traiettoria seguita da un falco per raggiungere la sua preda è proprio questa spirale.  Inoltre la   curva gode di proprietà molto particolari: quella invariantiva, ovvero che la sua forma rimane inalterata indipendentemente dal raggio di quarti di circonferenza che la compongono; e quella per cui, pur essendo di lunghezza finita e quindi misurabile, è illimitata, nel senso che il centro della spirale lo si raggiunge dopo infiniti giri.
La spirale logaritmica, fu scoperta da Renato Cartesio nel 1638. Cinquanta anni dopo un altro matematico, JacKob Bernoulli scoprí molte altre sue proprietà, e ne rimase talmente affascinato che richiese di averne una scolpita sulla sua pietra tombale, accompagnata dalla scritta latina "Eadem mutata resurgo" (Sebbene cambiata, rinasco identica).
Tale curva si ritrova in natura in numerosissime manifestazione della vita animale e vegetale, ad esempio nella conchiglia del Nautilus. Le spirali del Nautilus sono costruite sulla struttura della spirale logaritmica. La crescita del mollusco e dell’ampiezza degli strati della conchiglia lascia inalterata la forma, confermando le proprietà invariantive della curva.

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Sezione di “NAUTILUS”

In  Astronomia, le galassie si sviluppano e si strutturano lungo una spirale logaritmica.
Osserviamo che le posizioni possono aprirsi o chiudersi, aumentare o diminuire senza che la struttura del movimento si alteri minimamente, e mantenendo la potenza inerente alla propria struttura.

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  Galassia



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Foto aerea del ciclone “LINDA”

 

Ma se si volessero complicare le cose, si potrebbe pensare di avvolgere due o più spirali contrapposte partenti dalla stessa origine.
Questa che sembra essere una folle e complicatissima esercitazione teorico matematica è invece….


Una pigna …
Un girasole…..

 

MA, VOLENDO,  SI  POSSONO COMPLICARE  VERAMENTE  LE COSE…….
E, poiché di spiegazioni in proposito non ce ne sono, è meglio…

 

 
A
A'
TORNARE ALLA  NORMALE SEMPLICITA’… 
di ulteriori considerazioni  geometriche,
Infatti è importante  è l’applicazione del concetto di sezione aurea ai triangoli. Per rendersene conto
occorre soltanto ricordare che triangoli aventi angoli ordinatamente uguali hanno il lati corrispondenti in                     
proporzione. Cioè:
Se       α=α’       β=β’      γ= γ’      ALLORA
 AB : A’B’ =  BC : B’C’ = CA : C’A’ 
A
B

 
B'
C'

 TRIANGOLO CON ANGOLI DI MISURA: 72°, 72°, 36°.

Dato un triangolo isoscele i cui angoli alla base misurano 72° ciascuno, e l’angolo
 al vertice misura 36°, la bisettrice di un angolo alla base divide il lato obliquo
 opposto nel punto d’intersezione in due segmenti  in modo tale da creare una
 sezione aurea. Infatti il triangolo ABC è simile al triangolo BCD. Per questa
ragione risulta che:  AC:BC=BC:DC
Ricordando che    BC=BD=AD     si ha:     AC:AD=AD:DC

                        

Quindi il lato di un decagono regolare (che ha un angolo al centro di 36°)è la sezione aurea del raggio della circonferenza in cui esso è iscritto.

E il triangolo evidenziato  sotto mostra    che il lato di un  pentagono regolare è la sezione aurea di una sua diagonale perché l’angolo al vertice è 36° e quelli alla base di 72°ciascuno.

Se poi si considera il triangolo che è possibile costruire con un’altra diagonale, non è difficile convincersi che ciascuna di esse taglia l’altra nella sua sezione aurea.   


          La stella di Pitagora

Se si Tracciano le cinque diagonali si ha la realizzazione del Pentalfa, la stella di Pitagora immaginabile come l’intrecciarsi di cinque A.
Ogni diagonale ha un significato simbolico:
La punta più alta del pentagramma rappresenta la Divinità, la divina fonte della vita. SPIRITO
Da questa punta una linea è tracciata verso l'angolo più in basso. Questa rappresenta la discesa della vita dalla fonte divina nella sua forma più bassa e semplice di materia vivente.TERRA
La linea è da qui ricondotta in alto fino all'angolo superiore dx.ACQUA. Questa rappresenta l'ascesa della vita da una forma primitiva, attraverso il processo evolutivo, che è effettivamente partito dall’acqua, fino alla sua più alta forma fisica sul pianeta, l'essere umano.
Grandi  sono le sue conquiste; ha l’adattabilità che gli deriva dal suo organo più importante: il cervello. È da esso che nascono idee sempre più complesse, più astratte, sempre più sottili come l’ARIA. 
Però, nel suo progresso ben presto raggiunge un punto pericoloso e inizia a cadere. Per mostrare ciò la linea scende verso il basso nell'angolo dx. FUOCO
Questa è la storia di tutti gli imperi dell'uomo, ma poiché lo spirito umano è tutt'uno con quello divino, deve e dovrà riscattarsi e risalire per ritrovare nuovamente la fonte.

Quindi la linea del pentagramma risale in alto dall'angolo più basso direttamente alla punta più alta: lo SPIRITO

La stella di Pitagora contiene un pentagono al suo interno che può dar luogo ad un’altra stella più piccola
E, congiungendo invece le punte esterne si ha un  pentagono più grande, al cui interno si può immaginare una stella più grande, in sintesi : sembra sia possibile intraprendere due viaggi a partire da essa.

  • Verso l’infinitesimo
  • Verso l’infinito

Esattamente come accade a partire dall’ UOMO

 

Il portale di CASTEL DEL MONTE

L’immagine scelta per concludere oltre alla pentagonale sulfinia  è volutamente  una viola del pensiero, come simbolo di ringraziamenti  per la pazienza con cui sono state accolte le povere riflessioni di questo lavoro, ma  anche come omaggio a quella nostra straordinaria capacità che ci consente di sapere di esistere….

Ma la conclusione… come sempre, come per tutto, non è tale, perché quanto detto sul tema della “divina proportione” non è esaurito, non è esaustivo , non è esauriente, basti pensare alla musica… (anche nella Musica ritroviamo la sezione aurea: Beethoven nelle “33 variazioni sopra un valzer di Diabelli” suddivise la sua composizione in parti corrispondenti ai numeri di Fibonacci.), oppure alle peculiarità aritmetiche del numero 5,….
                oppure basti pensare ….

Ecco questa è la migliore conclusione.

 

Aura Animica

di Carmelo Casablanca

La vita massonica  trasforma. Spesso rifletto sul grande mistero dell’uomo e della sua mente. L’assoluto non può essere afferrato dalla mente umana, sfugge alla sua capacità. Non ci si avvicina ad esso se non insistendo costantemente sui limiti delle capacità umane ad avere  o afferrare la verità. Non di può spiegare l’assoluto né la sua presenza nella storia. Non appena si identifica l’assoluto con un determinato evento o situazione si recita la parte dell’assoluto e ci si  distacca da esso stesso. Si può solo essere costanti nella ricerca di tutto ciò che  circonda l’uomo   e che i sensi producono nella mente. E’ vero che il lavoro del Massone tendente a levigare, smussare la pietra è prettamente personale ma il fatto stesso di ricalcare le orme  dei compagni d’arte arricchisce la conoscenza che non è altro che consapevolezza, coscienza acquisita nel tempo e nello spazio e che viene potenziata  dall’esperienza. Attraverso i metodi d'interiorizzazione si inizia il “viaggio” verso i livelli più sottili della coscienza dove la mente incontra la controparte spirituale che può illuminarne il cammino.
L’aura animica è l’emanazione espressiva dell’intimo. Essa assume significati differenti, a seconda di come viene considerata dalle diverse religioni, dalle differenti correnti filosofiche. Ciò che è certo è che l'anima è l'essenza principale dell'essere umano. E' la custode di tutto ciò che l'uomo vive e fa, nell'arco della sua esistenza, con lo scopo di raggiungere l'unione con il Sè Supremo. La parola italiana “anima” trae origine dal latino. Il parallelo greco è "ànemos" che significa "vento". Nella Grecia antica a volte si faceva riferimento all'anima con il termine psychè, che ha un significato più vicino a spirito. Nell'induismo si fa riferimento all'Ātman, espirazione. Il concetto di anima compare la prima volta con Socrate, il quale ne fece il centro degli interessi della filosofia. Prima di Socrate, la filosofia si occupava del mondo o della natura, ed è quindi solo con lui (e con il suo discepolo Platone) che viene utilizzato il termine psyché (anima) per occuparsi del mondo interiore dell'uomo. Secondo Platone l'anima non ha un inizio, in quanto è ingenerata; è immortale e incorporea. L'anima, presente in ogni uomo, è un frammento dell'anima del mondo. Aristotele concepisce l'anima come entelechia, cioè come forma e principio di vita che anima e governa il corpo. Di tale principio distingue le funzioni, personificandole in tre anime: anima vegetativa, che governa le funzioni fisiologiche istintive (quelle che noi chiamiamo "animali": nutrizione, crescita, riproduzione); anima sensitiva, che presiede al movimento e all'attività sensitiva; anima intellettiva, che è la fonte del pensiero razionale e governa la conoscenza, la volontà e la scelta. I latini  non furono grandi speculatori di pensiero astratto e utilizzarono per le proprie speculazioni filosofiche strutture provenienti da altre culture. Il grande filosofo-poeta epicureo Lucrezio, già all'inizio del suo De rerum natura, afferma di non sapere in cosa consista la natura dell'anima e si limita ad accennare alle teorie correnti, compresa quella della reincarnazione, senza mostrare alcun interesse a privilegiarne una. La bibbia non ha una definizione sistematica dell'anima, anche se nella letteratura rabbinica classica è possibile trovare diverse descrizioni dell'anima dell'uomo.  In tale letteratura l'anima è descritta come composta da tre elementi: nefesh, ru'ah, e neshamah. Essi sono spiegati in questi termini: Nefesh, la parte inferiore o delle "funzioni animali" dell'anima, si riferisce agli istinti, alle funzioni vitali. Si trova in tutti gli uomini, ed entra nel corpo fisico al momento della nascita. È all'origine della natura fisica. Le altre due parti dell'anima non esistono al momento della nascita, si creano lentamente col passare del tempo. Il loro sviluppo dipende dall'agire e dalle credenze dell'individuo. Tali parti, si dice, esistono in forma completa negli individui spiritualmente avanzati. L'anima mediana, o spirito Ruach, consiste nelle virtù morali e nella capacità di distinguere il bene dal male. Nel linguaggio moderno è analoga alla psiche o all'ego. Neshamah, l'anima superiore, il Sé più elevato, distingue l'uomo da tutte le altre forme di vita. Essa ha a che fare con l'intelletto, e permette all'uomo di godere e beneficiare della vita dell'aldilà. Quindi, nella Sacra Scrittura, il termine anima indica la vita umana, la persona umana. Designa tutto ciò che nell'uomo vi è di più intimo, che è di maggior valore. In particolare designa ciò per cui l’uomo è l’immagine di Dio. « Anima » esprime il principio spirituale nell'uomo fatto di unità di anima e di corpo. L'uomo sintetizza in sé, per la sua stessa condizione corporale, gli elementi del mondo materiale, così che questi ultimi, attraverso l’uomo, toccano il loro vertice. L'unità dell'anima e del corpo è così profonda che si deve considerare l'anima come la « forma » del corpo. Ciò significa che grazie all'anima spirituale il corpo, composto di materia, è un corpo umano  vivente; lo spirito e la materia, nell'uomo, non sono due nature congiunte, ma la loro unione forma un'unica natura. Sin dalla sua creazione l'uomo è ordinato al fine soprannaturale, e la sua anima è capace di essere gratuitamente elevata alla comunione con forze supreme.

Si può dire che l'anima è il diario di bordo dell'uomo.  L'anima è l’interfaccia tra noi misurati e l’immisurato, tra noi contingenti e lo spazio infinito. Si può anche dire che l'anima è quella componente attraverso la quale l'entità umana ricava impressioni dalle esperienze che fa attraverso il corpo. Ognuno di noi, in altre parole, vede, sente, tocca, annusa e assapora, e da queste esperienze ricava impressioni che possono essere di piacere o dolore, gioia o disperazione, attrazione o repulsione. Attraverso l'anima, le cose che percepiamo con i sensi corporei acquistano per noi un significato, una valenza. L'anima valuta le esperienze e gli oggetti percepiti dal corpo in base a ciò che quelle esperienze e quegli oggetti determinano come impressione. Una cosa che imprime un sentimento di piacere, di gioia o di attrazione avrà per noi un certo valore, un'altra che imprime un sentimento di dolore, di disperazione o di repulsione ne avrà un altro completamente diverso. Steiner afferma :”L’anima vive ininterrottamente in mondi superiori ed è attiva entro di essi. Da questi mondi superiori trae gli stimoli a mezzo dei quali agisce di continuo sul corpo fisico. Queste forze superiori sono disciplinate dall’armonia cosmica universale, e appunto da questa armonia cosmica  ascende ai mondi superiori.

Solamente con tale trasformazione del suo essere, l’uomo può entrare in rapporto cosciente con certe forze ed entità soprasensibili. Tutto ciò proviene dal fatto che nei corpi animici più sottili dell’uomo, le forze (pensare, sentire e volere) sono fra loro unite e questa unione che si verifica nell’organismo animico più sottile si rispecchia pure nel corpo fisico materiale. Il grande progresso che conseguiamo, è quello di acquistare completa padronanza sulla collaborazione delle tre forze animiche; che corrispondono per affinità ad alcune forze fondamentali del mondo. 
Venendo a contatto con noi, l'anima assume le sembianze che più ci aiutano ad identificare facilmente il suo stato e tali figure agiranno conseguentemente. Così possiamo entrare in contatto con figure umane maschili o femminili e sentire il loro stato psicologico, cioè potremo percepire allegria, tristezza, ansia, e se l'interazione è profonda ci sentiremo letteralmente pervasi da queste sensazioni come se le vivessimo sulla nostra pelle. L’uomo apparentemente costituito da un organismo fisico e da uno spirito o anima che pensa, soffre, gode e vegeta, ha in sé delle grandi virtù .
Se  metodicamente coltiviamo lo sviluppo di queste forze interiori, possiamo renderle utili alla quotidiana esistenza”.  Quindi l'aura animica è la dimensione più sottile del nostro universo. L’aura è la manifestazione energetica del nostro insieme fisico e intellettivo. Alcuni soggetti hanno il dono di potere osservare, sia la propria aura che quella degli altri. Essa presenta molte funzioni vitali e su di essa si riflette tutto il nostro stato interiore, il carattere. L’aura animica funge anche da schermo (inconsapevole) contro attacchi energetici esterni. Ci si chiede: quante volte ci si sente a disagio con una persona con cui si è appena incrociato lo sguardo. Quella persona era  antipatica senza nessun motivo apparente; se potessimo osservare i campi energetici, si potrebbe osservare che le aure si sono toccate e presentano delle frequenze non compatibili tra loro. Può avvenire anche l’esatto opposto. Si è in “sintonia” da subito con una persona mai vista, questo perché la aure sono compatibili e l’unione formerà un’aura perfettamente uniforme e intensa. Tutta la cultura umana, a qualsiasi latitudine e in qualsiasi tempo ha ipotizzato l’esistenza di un’aureola intorno all’uomo. Nella protoiconografia cristiana la croce viene collocata in un cerchio per indicare l’aura animica che le conferisce il carattere dell’eternità; ed ugualmente Cristo (come i santi) viene “circondato” di questa luce. I vangeli sinottici Mt. 17,1-7.  Mc 9,2--, Lc 9, 28--, raccontano un episodio di trasfigurazione spirituale. Si legge il momento di grande intensità in cui i discepoli di Gesù furono testimoni della sua trasfigurazione. Quando l’irraggiamento interiore ne illuminò il corpo. L’Anima non è nel corpo, ma lo riveste;  per cui se essa si spegne, il corpo, rimasto nudo, come l’Adamo del giardino dell’eden, è perduto per sempre. Pertanto che cos’è quest’aura o irraggiamento? Materia sottile, vibrante. Possiamo dire che la coscienza fisica è la ragione da cui scaturiscono i pensieri del corpo fisico-animale, ovvero, è il pensiero che agisce attraverso il cervello. La coscienza sottile, invece, chiamata identità archetipa, è la parte energetica fuori dal corpo, dentro quel campo chiamato aura. Le maggiori tradizioni concordano nell’affermare che l’aura sia un campo magnetico che trattiene l’irraggiamento dei diversi aspetti energetici. Aspetti che prima sono alquanto imperfetti, se non addirittura assenti, come l’aura spirituale ad esempio, ma che man mano vanno organizzandosi attraverso quel processo chiamato progresso interiore. Vari aspetti, interagendo tra loro, si rafforzano e sviluppano la capacità di discernimento da cui il termine “aura di saggezza”. Per descrivere i diversi aspetti dell’aura prendiamo a prestito i termini più usati dalle diverse tradizioni.

Nel suo aspetto generale l’aura è il campo della coscienza che contiene (come “strati”) l’aura elettro-vitale detta corpo eterico, l’aura elettro-mentale detta corpo astrale o del desiderio, che si sviluppa in corpo mentale superiore. L’aura del corpo egoico spirituale è l’espressione fisica dell’anima.  La trasmutazione intellettuale segna l’apertura di una nuova area di consapevolezza, in cui la visione mentale si spalanca ad una realtà prima ignorata ed il risveglio interiore apre il collegamento fra la coscienza materiale (la ragione) e la coscienza sottile irraggiungibile ai sensi fisici.Questo contatto trasforma la mente e rigenera tutto il suo essere, dando l’avvio al risveglio spirituale. Quando nel tempio durante gli architettonici lavori massonici, il M.V., invita i Fratelli a fare la catena di unione, si mettono in contatto le varie auree, ed i Fratelli fluiscono nel divenire cosmico. Una catena di uomini può determinare una corrente della materia di cui è composta l’aura di ognuno dei componenti e dirigerla per fonderla in un'unica forza. Quanto succede nell’uomo, per mezzo della sua volontà, è al tempo stesso un processo di questo divenire cosmico. Analizzando tutto ciò mi perviene questo pensiero: Siamo solo pensiero pensante in una “tela” che chiamiamo anima.

 


 

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