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Antico e Primitivo Rito di Memphis e Misraïm
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La pace e l’armonia - Impegno per l’uomo sociale e l’uomo spirituale

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Come in tutte le situazioni particolarmente critiche per l’umanità, anche in quella attuale, nella quale vediamo svolgersi orribili conflitti bellici anche tra genti legate ancestralmente da fraterni e antichi legami etnico-religiosi, sentiamo tutta la difficoltà di comprendere pienamente la complessità di certe realtà politico-sociali, ma, al di là di qualsiasi analisi critica storico-sociale, avvertiamo con chiarezza la profonda fragilità della natura umana. Sarebbe auspicabile che tutti gli uomini, e in particolare quelli che detengono grandi responsabilità decisorie nell’esercizio delle diverse funzioni di governo, fossero in grado di considerare che il singolo individuo non è eterno, che l’Io non basta mai a se stesso e che l’Umana Natura è parte di un “unicum continuativo consequenziale” ove, in armonica osmosi, la “prima materia” transita dal microcosmo al macrocosmo e, sincronicamente, per incontrovertibile legge universale, transita, in ineluttabile proiezione, e ritorna ciclicamente nel microcosmo. Non vi è dubbio alcuno che fino al momento in cui gli umani non comprenderanno le più remote profondità misteriche dell’universo e finché non accetteranno le sue leggi inderogabili e, adeguandosi ad esse, non potranno mai giungere a livelli esistenziali che li rendano “simili agli dei” i quali li generarono nella notte dei tempi. Mai, come in questo momento, siamo vicini ad altre innocenti creature: madri, padri, fratelli e sorelle, figli e figlie, care amicizie e, non di meno, a coloro che, anche se non conosciuti, ci passano accanto e che, come noi, stanno soffrendo la trepidazione per le conseguenze dello “stato di guerra”. E tuttavia, da iniziati, non vogliamo e non possiamo limitarci ad una mera partecipazione morale o empatica, ma proprio perché iniziati dobbiamo chiederci non “se” bensì “come” operare sul piano quaternario affinché quella Deità, o Divinità – a qualsiasi Credo si aderisca, o no – che non è fatta di potere sul mondo esteriore né vi agisce direttamente ma solo su quello interiore, dove l’individuo potrà bastare a se stesso, possa attraverso l’uomo che ha trasmutato procurare la pace. È qui che si congiungono piano sociale e piano spirituale. Per tutto ciò l'uomo sociale ha diritto di intervenire in ambito spirituale e l'uomo spirituale ha diritto ed anche il dovere di intervenire in ambito sociale, poiché, secondo una millenaria sapienza, chi non si occupa delle cose spirituali non si occupa neanche delle cose sociali: i due sentieri sono intrecciati, percorrerli disegna una catena; certo, poi l'uno deve trascendere l'altro, ma insieme sono il lievito della società. La Torah, ad esempio, non è semplicemente 10 comandamenti e 613 mizvot, ma il modo in cui si è comportato Adonai con l'uomo e come vuole che l'uomo si comporti nei confronti degli altri uomini. C'era perfezione del disegno immesso da Adonai su questo piano e l'uomo deve qui conservarlo intatto ed integrare nel rispetto di sé e degli altri. I primissimi profeti, Amos e Isaia, predicavano questo equilibrio prima ancora di parlare degli aspetti messianici. Così anche va inteso il senso per Roma della societas e così va ripreso per l’iniziato il senso della sua grande opera: l’aurea societas. Quando la Chiesa primitiva istituì le diaconie, esse avevano il compito di svolgere funzioni di promozione sociale: prendersi cura della vedova, dell'orfano e dello straniero, come paradigma delle categorie disagiate. Per queste ragioni – storiche e sapienziali – lo spiritualista che si chiude in sé dicendo “faccio questo perché così mi divinizzo” e mostra disattenzione nei confronti della società fuori da sé, ha fallito il primo compito dell'iniziato, si è privato di un locus essenziale in cui far crescere la propria dimensione interiore: se ci si stacca dall'altro da sé, non si sale, al contrario: si precipita. In questo si situa il compito precipuo dell’istituzione libero-muratoria e dei suoi corpi rituali: la loggia, in quanto agente collettivo, deve farsi carico della cura e della procura della concordia sociale creando, attraverso la crescita nell’uso degli strumenti del libero-muratore, le condizioni affinché egli, progredendo lungo la scala philosophorum, possa agire sempre più efficacemente ed essere procuratore: mediatore tra bisogni terreni e aspirazioni spirituali.





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