Antico e Primitivo Rito di Memphis e Misraïm
Sovrano Santuario Italiano
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Come in tutte le situazioni particolarmente critiche per l’umanità, anche in quella attuale, nella
quale vediamo svolgersi orribili conflitti bellici anche tra genti legate ancestralmente da fraterni e
antichi legami etnico-religiosi, sentiamo tutta la difficoltà di comprendere pienamente la
complessità di certe realtà politico-sociali, ma, al di là di qualsiasi analisi critica storico-sociale,
avvertiamo con chiarezza la profonda fragilità della natura umana.
Sarebbe auspicabile che tutti gli uomini, e in particolare quelli che detengono grandi responsabilità
decisorie nell’esercizio delle diverse funzioni di governo, fossero in grado di considerare che il
singolo individuo non è eterno, che l’Io non basta mai a se stesso e che l’Umana Natura è parte di
un “unicum continuativo consequenziale” ove, in armonica osmosi, la “prima materia” transita dal
microcosmo al macrocosmo e, sincronicamente, per incontrovertibile legge universale, transita, in
ineluttabile proiezione, e ritorna ciclicamente nel microcosmo.
Non vi è dubbio alcuno che fino al momento in cui gli umani non comprenderanno le più remote
profondità misteriche dell’universo e finché non accetteranno le sue leggi inderogabili e,
adeguandosi ad esse, non potranno mai giungere a livelli esistenziali che li rendano “simili agli dei”
i quali li generarono nella notte dei tempi.
Mai, come in questo momento, siamo vicini ad altre innocenti creature: madri, padri, fratelli e
sorelle, figli e figlie, care amicizie e, non di meno, a coloro che, anche se non conosciuti, ci passano
accanto e che, come noi, stanno soffrendo la trepidazione per le conseguenze dello “stato di
guerra”.
E tuttavia, da iniziati, non vogliamo e non possiamo limitarci ad una mera partecipazione morale o
empatica, ma proprio perché iniziati dobbiamo chiederci non “se” bensì “come” operare sul piano
quaternario affinché quella Deità, o Divinità – a qualsiasi Credo si aderisca, o no – che non è fatta
di potere sul mondo esteriore né vi agisce direttamente ma solo su quello interiore, dove
l’individuo potrà bastare a se stesso, possa attraverso l’uomo che ha trasmutato procurare la pace.
È qui che si congiungono piano sociale e piano spirituale.
Per tutto ciò l'uomo sociale ha diritto di intervenire in ambito spirituale e l'uomo spirituale ha
diritto ed anche il dovere di intervenire in ambito sociale, poiché, secondo una millenaria sapienza,
chi non si occupa delle cose spirituali non si occupa neanche delle cose sociali: i due sentieri sono
intrecciati, percorrerli disegna una catena; certo, poi l'uno deve trascendere l'altro, ma insieme
sono il lievito della società.
La Torah, ad esempio, non è semplicemente 10 comandamenti e 613 mizvot, ma il modo in cui si è
comportato Adonai con l'uomo e come vuole che l'uomo si comporti nei confronti degli altri
uomini. C'era perfezione del disegno immesso da Adonai su questo piano e l'uomo deve qui
conservarlo intatto ed integrare nel rispetto di sé e degli altri. I primissimi profeti, Amos e Isaia,
predicavano questo equilibrio prima ancora di parlare degli aspetti messianici. Così anche va
inteso il senso per Roma della societas e così va ripreso per l’iniziato il senso della sua grande
opera: l’aurea societas.
Quando la Chiesa primitiva istituì le diaconie, esse avevano il compito di svolgere funzioni di
promozione sociale: prendersi cura della vedova, dell'orfano e dello straniero, come paradigma
delle categorie disagiate.
Per queste ragioni – storiche e sapienziali – lo spiritualista che si chiude in sé dicendo “faccio
questo perché così mi divinizzo” e mostra disattenzione nei confronti della società fuori da sé, ha
fallito il primo compito dell'iniziato, si è privato di un locus essenziale in cui far crescere la propria
dimensione interiore: se ci si stacca dall'altro da sé, non si sale, al contrario: si precipita.
In questo si situa il compito precipuo dell’istituzione libero-muratoria e dei suoi corpi rituali: la
loggia, in quanto agente collettivo, deve farsi carico della cura e della procura della concordia
sociale creando, attraverso la crescita nell’uso degli strumenti del libero-muratore, le condizioni
affinché egli, progredendo lungo la scala philosophorum, possa agire sempre più efficacemente ed
essere procuratore: mediatore tra bisogni terreni e aspirazioni spirituali.
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