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MISRAÏM

RIVISTA DI STUDI MURATORI

DELL'ANTICO E PRIMITIVO RITO DI MEMPHIS E MISRAïM

Sovrano santuario Italiano

LIBERA MURATORIA UNIVERSALE GRANDE ORIENTE D'ITALIA

N. 1 ANNO XVIII 3 Febbraio 2001

9° giorno del Mese di Mekhein , 3293° Anno della Luce d'Egitto


L'attività editoriale della Rivista "MISRAïM" ha per scopo il sostegno, lo sviluppo e la diffusione della SCIENZA DELLO SPIRITO praticata nell'esperienza iniziatica e rituale della Libera Muratoria Universale.
Il progetto editoriale di "MISRAïM" comprende i seguenti temi:

 

INDICE

 

 

 

REMINISCENZE DEL CULTO ISIACO

NELLA LIBERA MURATORIA

di Andrè Pochan 30 Settembre 1946

 

Albert Lantoine, nella sua "Storia della Libera Muratoria Francese", a proposito delle fantasiose origini della stessa, scrive:

" L'errore della maggior parte degli scrittori massonici consiste nella loro preoccupazione di stabilire una base storica dell'Istituzione, del suo simbolismo. Il fatto che molti segni di riconoscimento ed il suo significato, certi suoi attributi e forme cerimoniali, avrebbero una certa rassomiglianza con riti delle società antiche, li indusse a dedurre e a credere che vi siano imparentati. Così ci troviamo davanti a molti autori, talmente numerosi che non vale neanche la pena di citarli in particolare; la filiazione affermata della L.M. coi Collegi Artigiani creati da Numa Pompilio, con le usanze dei Druidi, coi Riti della dea Buona o Iside e d'Eleusi, coi Misteri dell'Antico Egitto, della Persia, della Caldea, oppure con le Corporazioni Romane.

Pagine e pagine sarebbero necessarie se si dovessero enumerare le pratiche e i culti lontani ai quali, esegeti pazienti ed immaginosi, hanno voluto ricondurre l'Istituzione. Non ci sentiamo di biasimare questi lavori che hanno perlomeno il merito di presentare sotto la similitudine dei simboli la concordanza attraverso il tempo delle aspirazioni umane, e siccome non possono fare testo, ce ne rammarichiamo. Questo rappresenta per noi pressoché la preistoria, perché questo preteso atavismo non ha altro fondamento che conformità di segni e di immagini; perciò in questa sede, svolgendo un opera da storici e non di commentatori di simboli non facciamo che abbandonare ad altri, l'innocente piacere di una glossa sentimentale ..."

Lantoine continua con tono gradevole, la critica a certi massoni che fanno risalire la Libera Muratoria (L.M.) ad Adamo e persino al Dio Padre dell'Antico testamento (1). Dobbiamo congratularci con Lantoine per essersi occupato della L.M. solo a partire dal XVII secolo accantonandone la leggenda.

La nascita della L.M. nel XVII scolo non è stato un fenomeno spontaneo, in quanto la Gran loggia di York al tempo della sua fondazione scomunicò la G.L. di Londra perché non vi praticavano gli antichi metodi della vecchia Istituzione. Intanto una messe di archeologi trasformarono la "preistoria" di cui parla Lantoine in "storia" tout-court. Infine, è inammissibile negare la stretta relazione tra la L.M. e le sette dell'antichità, poiché questa corrispondenza è basata sulla similitudine di certi simboli iniziatici.

Lantoine, che lo voglia o no, i simboli esistenti formano la medesima base della nostra Istituzione: i numeri che caratterizzano le età nei diversi gradi della gerarchia, provano da soli ed inequivocabilmente, l'esistenza nella L.M. di reminiscenze pitagoriche e che il nostro Ordine "speculativo" risale ben la di l° del 1619 come vorrebbe il nostro autore della L. M. Francese. Diversi simboli sono interpretati nelle maniere più disparate, come per esempio, la Stella Fiammeggiante e la Lettera "G", il Delta Luminoso ed altri ancora, ne hanno numerose. Da allora l'interpretazione dei simboli è stata lasciata all'intendimento di ognuno. Il neo-platonico Giamblico afferma che, "solo gli Dei possono comprendere i Simboli Pitagorici".

Indubbiamente i due personaggi che maggiormente caratterizzano la L. M. sono Pitagora e Mosè; Mosè (Osarsiph in egiziano) è stato un Gran Sacerdote di Eliopoli e che Pitagora dimorò 22 anni in Egitto ove venne iniziato; appunto, nel tempio Grande della stessa città. Dunque, è più che possibile ritrovare le tracce del culto Isiaco nei nostri misteri. L'accostamento della leggenda di Hiram a quello di Osiride è ormai un luogo comune, dato che ogni Libero muratore sa di essere figlio della vedova e che questa vedova è Iside, poiché nei due casi, un Super-uomo, o un Semi-Dio viene assassinato per poi resuscitare.

Per ben comprendere l'analogia profonda tra i due riti, è utile ricordarli brevemente in modo che la Cosmogonia Egiziana ci conduca a studiare la teoria del "perkerou", e cioè "della voce che esce" o del "Verbo". All'origine dei tempi era il "Nun", ossia il Caos inorganizzato. Nel Nun c'era uno Spirito che recava in sé la somma delle esistenze future; Tum o Atum che volle nel suo cuore (cioè nel suo spirito) "fondere tutto ciò che esiste". Atum si leva con lo sforzo della Sua Volontà al di sopra del Nun. D'allora in poi esiste il Sole, la Luce fu e Atum esteriorizzato assume il nome di Ra. Dopo Ra, gli altri Dei, tutti gli esseri furono creati dal Demiurgo Atum-Ra e gli Dei ne sono le sue "membra".

Nel Libro Egiziano dei Morti, cap. XVII, si legge: "Ra ha fatto di tutti i suoi Nomi il cielo degli dei; cosa significa questo ? E' Ra che crea le sue membra divenute Dei al suo seguito ..., è il Dio del Gran Nome che ha parlato alle sue membra". Prima della creazione di Atum "non esisteva ancora alcun Dio, e non si conosceva il nome di nessuna cosa. Lo stesso Atum non esisteva materialmente nel Nun, ma solo in spirito, allorché pronunciò il suo Nome, Ra, ed Egli creò se stesso. Il testo dice: "Non esisteva per Lui una Madre che gli desse un Nome ed un Padre che l'avesse emesso".

Nella credenza egiziana nessuna cosa esiste prima di essere nominata. La creazione avviene col Verbo il cui eco si ritrova negli scritti ermetici, nel Genesi biblico e nel Vangelo di San Giovanni. Chiamare un essere con il suo nome, è creare, far nascere la sua personalità individuale. Il nome ad un essere dato coscientemente dalla madre ed è custodito nel suo seno affinché venga da un altro che ne abbia coscienza. Il nome è un aspetto del "Ka", del doppio; esso anima il corpo penetrandolo; dunque conoscere il nome di un essere è avere il mezzo di dominarlo. Nel Genesi (2-4), l'Eterno conduce da Adamo tutti gli animali dei campi e gli uccelli del cielo affinché costui li nomini ed esercitasse su di essi il suo dominio. Questa usanza è rimasta viva in certe famiglie orientali, dove ai fanciulli vengono dati due nomi di cui uno resta noto ai soli genitori escludendo la conoscenza perfino a fratelli e sorelle. Ne deriva che eventuali nemici, non conoscendo il nome del fanciullo, non possono esercitare sortilegi e malefici su di esso.

Questa pratica non si limitava esclusivamente agli individui, ma veniva applicata anche a gruppi di individui considerati come entità, come per esempio le città che all'atto della loro fondazione, il fondatore dava loro due nomi, uno dei quali veniva custodito in gran segreto dal Gran Sacerdote. Questo nome cabalistico articolato secondo certi riti, dava luogo sul campo alla nascita del genio tutelare dello stesso nome che era il "ka" della nuova città. Svelare il nome segreto di una città veniva punito con la morte. Ed è anche probabile che la forma delle chiavi stesse in rapporto con il nome cabalistico della città.

DISCENDENZA DI RA E LEGGENDA DEL COBRA

Ra genera Shu e Tefnut i quali generarono Geb (la terra) e Nut (il cielo) i quali procrearono : Osiride; Set, Iside, e Neftis. Alla base di ogni iniziazione isiaca c'è il Serpente del Genesi del quale è utile dare la versione egiziana.

" Iside abile in parole, il cui cuore era il più astuto di milioni di uomini e superava milioni di dei e di Spiriti, progettò di spogliare Ra del suo potere con la conoscenza del suo nome segreto che nessuno conosceva. Col Fango del Nilo, Iside, modellò un serpente sacro e lo pose sulla strada del Dio. Ra fu morso e, gemendo di dolore, convoca il consiglio degli Dei e disse: mentre andavo per la strada contemplando ciò che ho creato, viaggiando attraverso le Due Terre che ho formato, mi ha ferito qualcosa che non conosco: non è fuoco e non è acqua, e intanto il mio cuore brucia, la mia carne trema e le mie membra friggono.

Gli Dei arrivano in fretta e tra essi Iside, con la sua scienza magica, la cui bocca è piena di soffi vitali, le cui formule distruggono la malattia e le cui parole rianimano coloro che soffocano".Iside si dirige verso Ra e dice: " Dimmi il tuo Nome Padre mio divino, poiché l'uomo vive incantato dal proprio nome".

Ra elude la questione intuendone la pericolosità rispondendo: "Io ho molti nomi e molte forme; la mia forma è in ogni Dio. Atum e Oro il Giovane sono nominati in me". Egli giunge fino a mentire e affermare che il vero Demiurgo non è lui aggiungendo: "quando al mio nome segreto, mio Padre e mia Madre hanno detto questo nome, ed esso è custodito nel mio corpo dalla nascita affinché il mio fascino magico passi ad un altro incantatore ed usarlo contro di me". Poi Ra cerca di contentare Iside con altri mezzi non meno vaghi: "Io sono colui che ha creato Cielo e Terra e che ha messo le anime negli Dei. Io sono colui che, aprendo gli occhi produsse la luce e, nelle loro chiusure produco la notte; colui sull'ordine del quale il Nilo fa scorrere le acque e di cui gli Dei ne conoscono il Nome. Io sono Kepri al mattino, Ra a Mezzogiorno, e Atum la sera.

Ma queste risposte non diedero il "vero nome" del Dio; così gli incantesimi di Iside furono vani e il veleno non cessava di bruciare. Iside insistè per sapere il vero Nome, avendo dato Ra i suoi 72 nomi noti agli Dei, finché vinto dal dolore alfine pronunciò: "Mi lascio convincere da Iside. Il mio Nome passerà dal mio copro nel suo copro".

Quando il momento venne "dove il cuore esce", Iside disse al figlio Oro di costatare il dono del Dio ed il veleno fu scongiurato. Così Ra svelò col cuore il suo vero Nome, il segreto del suo potere.

Il Primo grado dell'Iniziazione Isiaca era, per il maestro, la conoscenza del proprio nome segreto, del nome cabalistico che lo rende maestro di sé stesso (il conosci te stesso di Socrate). L'iniziazione suprema Isiaca (secondo ed ultimo dell'iniziazione) non aveva altro fine che la trasmissione all'iniziato di questo Nome ineffabile che costituiva la "Grande Parola". Affinché il Nome cabalistico di dio resti sempre tra gli uomini, Iside istituì le iniziazioni (2) e i misteri i cui riti, secondo Diodoro Siculo e Plutarco erano il rimedio che davano l'immortalità.

Il Gran Rabbino di Gerusalemme pronuncia il 73° Nome Divino, Nome incomunicabile, nel giorno del Gran Perdono, nel tempio e nel fragore artificiale fatto da una fanfara di trombe. In un antico catechismo di maestria muratoria troviamo i seguenti quesiti:

- "Che cosa cercano i Maestri ? ... " La Parola Perduta.

- "Quale è questa Parola ? " La Chiave del Mistero Muratorio.

- "Il motivo iniziale che spinse i congiuranti a tentare vanamente di spodestare Hiram, è insospettabile ?

-"Si pensa che Esso corrispondesse al tetragramma ebraico: Jod Hè Vau Hè, la cui pronuncia è nota al solo Gran Rabbino di Gerusalemme ? ..."

Non c'è dubbio che questa "Parola Perduta" sia stata cercata e forse invano, dai Rosa+Croce.

LA LEGGENDA DI OSIRIDE

Veniamo subito al mito Osirideo propriamente detto.

1°- L'assassinio

Osiride è stato ucciso il 28° anno del suo regno dal Fratello Seth aiutato da 72 congiurati e, secondo Plutarco, da una regina etiopica dal nome Aso. Il suo cadavere è stato deposto in una bara, gettato nel Nilo è andato alla deriva finché non si arenò alla costa siriana presso Biblos, laddove venne avvolta in poco tempo da un'Acacia gigante e che la nascose alla vista. Il Re locale, meravigliato dal prodigioso sviluppo di quest'Acacia, fece tagliare il tronco che copriva la bara e le sue fronde per farne una colonna di sostegno del suo palazzo.

2°- La resurrezione magica

Iside si mise alla ricerca del cadavere di Osiride, e quando lo trovò, lo riportò in Egitto con l'aiuto di Tot, Anubi e Opoat. Durante il viaggio di ritorno e quando Iside fu sola in un sito appartato, aprì la bara, e pose il proprio viso su quello di Osiride e, poi, con artifici magici, gli rese temporaneamente la vita ed il vigore virile e si fece fecondare dal dio assassinato. "io sono tua sorella Iside, non c'è Dio nè Dea che abbia fatto quello che ho fatto io. Io ho operato come un maschio pur essendo femmina, affinché tu riviva sulla terra. Il tuo seme divino è nel mio seno e lo farà rivivere al mondo".

3°- Lo smembramento

Il cadavere di Osiride viene ritrovato da Seth, lo taglia a pezzi che disperde su tutte le rive. Iside riparte alla ricerca delle membra sparse e che ritrova tutte, eccetto l'organo maschile, ne ricompone il corpo e lo mummifica.

4°- La vendetta

Oro, figlio postumo di Osiride, combatte e vince Seth riconquistando la regalità.

Ogni anno il dramma d'Osiride veniva rinnovato nei Templi Egizi. In special modo nei Templi di Busiris e di Denderah. Erano i misteri della passioni di Osiride e coincidevano esattamente col solstizio d'Inverno. Le feste solstiziali del nostro Ordine non hanno luogo a San Giovanni d'inverno. A Denderah il miracolo della resurrezione si compiva nella sala centrale del santuario, ove si scende per una scala di sette gradini e che ha raffigurata sul plafone la resurrezione. La Dea Nut che dà la nascita al disco solare i cui raggi producono la germinazione sulla Tomba di Osiride, Da notare che, fin d'allora, nel sottosuolo del Tempio, c'era un lungo corridoio che partiva da una loggetta, ed era sbarrato da una sporgenza di una ventina di centimetri, e finiva con una scala di 3 gradini in una saletta alla cui destra una scala di 5 gradini conduce al terrapieno dov'è la sala centrale del Santuario. Un visitatore, probabilmente un Massone, ha inciso alla sinistra della salita una stella a cinque punte; sul terrapieno a destra c'è la Camera di mezzo alla quale si giunge per una scala di 7 gradini.

Se Lantoine fosse andato a Denderah, probabilmente la disposizione dei posti lo avrebbe fatto meditare un pò. Certamente non c'è identità assoluta tra la leggenda di Osiride e di Hiram. Nondimeno nell'uno e nell'altro il complotto, l'assassinio, la ricerca del cadavere, la resurrezione magica e la vendetta, Da notare che nel mito di Hiram vi appare la Regina di Saba che nelle diverse relazioni orientali assume diversi nomi: Ballkis, Belkama, Makeda o Magueda. Gli abissini sostengono ch'essa appartenesse alla loro casa reale e che si chiamasse Neghesta-Azeb, la regina del mezzogiorno. Adesso, la regina che, secondo Plutarco, aiutò Set nel crimine di Osiride era etiopica e che si chiamava Aso che assomiglia stranamente al nome di Azeb.

Il mito di Osiride assume tutta la sua importanza nel corso dei festeggiamenti delle incoronazioni dei re, i quali sono di una essenza solare in quanto che sono discendenti di Iside e Osiride. Egli, il re, è Osiride, poiché di volta in volta il "Ka" di Osiride è passato a Horus e poi ai suoi successori.

All'ora dell'incoronazione, egli deve morire e simbolicamente, rivestire il lenzuolo osiriaco, stendersi nella bara e resuscitare ritualmente sotto gli sforzi compiuti della sua donna, la Gran Sacerdotessa (all'origine) che svolge il ruolo di Iside, del figlio primogenito che funge da Horus, del Gran Sacerdote che è Opoat e di due "amici unici" nel ruolo di Tot e Anubi. Il "Ka" del re defunto, il "Ka" di Osiride, di volta in volta vivificava il nuovo re.

Il re defunto rinasceva nel suo successore ex Horus che diventava Osiride e custode dei segreti tradizionali.

Da allora, ogni mattina all'apertura del Naos, il nuovo Re Osiride trovava davanti a lui una statua che diventava prima il suo predecessore e poi Serapide, alla quale rendeva la vita, restituendo alla statua inerte gli organi attivi con i riti dell'apertura della bocca degli occhi, e per rendergli il suo "cuore" e il suo "Ka", il re prendeva la statua tra le braccia e le insufflava la sua "anima" dalla bocca con un bacio e mormorandole il suo nome cabalistico.

La cerimonia dell'incoronazione veniva ripetuta periodicamente per rendere esauriente la durata della vita del re. Si tratta della festa del "Sed" di cui gli egittologi non ne hanno compreso l'esatto significato. Osiride essendo stato assassinato al 28° anno del suo regno, ed essendo il re egli stesso, Osiride deve morie anche lui al 28° anno del suo regno e resuscitare al primo giorno del 29° anno effettivo. Storicamente il primo anno di regno di un re è quello in cui assume il potere anche se durava uno stretto numero di giorni. E' il perché la festa del Sed veniva celebrata, generalmente, nel corso del 29° anno del regno, è anche possibile che in certi casi questa avvenisse in uno dei primi giorni del 30° anno, quando la fine dell'anno civile si approssimava, si facevano coincidere la festa della rinascita del re con quella del nuovo anno. La fine della cerimonia era segnata dall'erezione del "Ded" che sarebbe, un'Acacia fasciata che simbolizzava Osiride.

Nei Misteri Muratori, l'Acacia spinosa viene sostituta dalla robinia o pseudo-Acacia; l'Acacia è il simbolo della Vitalità in quanto è l'unico albero che riesca a crescere nel deserto. Da segnalare ancora un dettaglio molto curioso. La grafia geroglifica di Osiride è un occhio ed uno scettro, l'occhio del Delta Luminoso altri non sarebbe che una reminiscenza del dio Egizio.

Ricordiamo ancora che il segno di soccorso dei Maestri L.M. è: "A me figli della vedova". Un antico catechismo del grado precisa che: "Questa vedova è Iside, vedova di Osiride, il Dio invisibile che illumina le intelligenze". Questo catechismo aggiunge ancora che, come Iside, "i Maestri viaggiano da Oriente ad Occidente e da mezzogiorno a Settentrione per spandere la Luce e riunire ciò che è sparso. Bisogna ancora ricordare che il senso del segno e del contrassegno dei Rosa+Croce, altro non è che il segno esoterico di Iside, che afferma: "Tutto ciò che è in basso è identico a ciò che è in alto". Le Leggi che reggono i fenomeni terrestri sono le stesse che reggono l'Infinitamente Grande.

LA RESURREZIONE DI HIRAM

La scena della resurrezione di Hiram,nella quale il compagno è contemporaneamente testimonio attivo e passivo, è l'esatta trasposizione del mistero isiaco della resurrezione di Osiride. Il Compagno svolge il ruolo di Hiram nella ricostruzione del crimine, muore simbolicamente per divenire maestro, viene fatto soffrire e morire nelle stesse circostanze di Hiram, affinché quest'ultimo rinasca in lui, poiché il Maestro è colui nel quale Hiram resuscita; è l'adepto due volte morto e tre volta nato poiché l'Apprendista muore nella vita profana nel Gabinetto di Riflessione, divenuto Compagno muore una secondo volta nella Camera di Mezzo. Ma affinché la resurrezione di Hiram sia affettiva, per animare il Compagno defunto, è indispensabile che il Venerabilissimo gli dia il suo nome segreto, il suo nome cabalistico M.B. affinché questo nome del "Ka" animi il copro fisico nel quale penetra.

C'è dunque identità fondamentale tra i riti muratori e isiaci, ne deriva che la L.M. ammette l'esistenza del dualismo spirito-materia, visto che essa fa intervenire, senza nominarlo, il "Ka" principio immateriale come l'efficenza del "Verbo". Di conseguenza, la L.M., in origine, ammetteva le credenze orientali sulla sopravvivenza dell'anima; l'Oriente Eterno ove passa il maestro dopo la morte, non era che un vago termine retorico dei Fratelli delle prime Logge Muratorie.

Questo stato d'animo sembra ancora diffuso nella maggior parte delle obbedienze straniere; per certi fratelli stranieri il segno di soccorso, per esempio, non è rivolto ai fratelli viventi, ma alle anime dei fratelli defunti, alla L.M. che come allora è fatta più di morti che di vivi.

CONCLUSIONE

Dobbiamo dunque, in tutta obiettività, ricercare le origini della L.M. nelle antiche credenze egiziane. Queste credenze sono sparse per tutto l'Oriente antico, hanno subito modificazioni più o meno profonde, lungo il processo di adattamento agli usi locali. A Biblos, in Siria, il culto di Astarte-Adone è molto vicino all'altro di Iside- Osiride.

Nei misteri eleusini, ancora imperfettamente conosciuto d'altronde il Dio Dioniso-Zagreo deve essere, in tutta evidenza, assimilato a Osiride il quale, come quest'ultimo, è figlio di Zeus (il Cielo luminoso) e di Demetra (la Terra) sorella e moglie, Persefone.Core non è altri che Iside:

Dioniso viene ucciso proditoriamente dai titani, poi viene fatto in pezzi che vengono gettati in un braciere, ma il cuore, rubato da Pallade, sfugge alla distruzione e, partendo da questo solo organo, avviene la resurrezione del dio. Anche quì troviamo l'assassinio, lo smembramento e la resurrezione.

La L.M. occidentale, malgrado la tendenza razionalista, leggere materialista, ha curiosamente conservato l'antico rituale, più o meno alterato. E'vero che molti fratelli sorridono affabilmente durante l'iniziazione non avendo mai provato di comprenderne il senso.

Con la mentalità di occidentali, come potrebbe essere altrimenti ? Il senso profondo dei riti non è intelligibile che a coloro che conoscono le concezioni orientali.

La L.M. Francese è ben portata all'ateismo e il G.O. di Francia ha rinunciato a lavorare sotto gli auspici del G.A.D.U.. Il divorzio è definitivo; lo spirito massonico del rito francese si è liberato delle ultime vestigia di un tenebroso passato. Ma .... e i rituali ? A rigore di logica anch'essi dovrebbero essere rifiutati essendo fondati su concezioni spiritualistiche, deiste e cabalistiche.

Cosa curiosa ed insensata: costoro sarebbero i discepoli degli antichi iniziati egiziani che realizzano in parte la profezia di Ermete Trismegisto ad Asclepio sulla distruzione degli antichi riti:

"Come al saggio appartiene la preveggenza, eccovi ciò che non vi è consentito di ignorare. Verrà un tempo nel quale sembrerà che gli egiziani abbiano curato invano il culto del Dei con spirito pietoso e scrupolosa religiosità, che la loro santa venerazione non sarebbe servita a niente e sarebbe delusa. La divinità risalirà dalla terra al cielo, e l'Egitto sarà per essa abbandonato e la terra che fu la sede delle sacre dottrine sarà vuota e frustrata dalla presenza degli dei. Dopo di che gli stranieri riempiranno questa parte della terra. Non solo saranno dimenticate le dottrine, ma haimè, destino ancora più crudele, sarà, per così dire, in nome della legge si punirà e si proibirà religione, pietà e culto divino. Allora questa terra tanto santa, sede dei Santuari e dei templi sarà colma di tomba e di morti.

O Egitto ! Egitto ! Le tue dottrine serviranno solo come favole alle quali la tua posterità non crederà più, e non resteranno che parole incise su pietre per raccontare la tua pietà. Sarà lo sciita, l'indiano, tutta la barbarie vicina che si installerà in te.

Perché piangi Asclepio ? Cosa più penosa, ancora più lamentosa, l'Egitto si lascerà persuadere e i maggiori mali l'intossicheranno. Essa la terra tanto santa amante della divinità ... maestra di santità e di pietà, sarà esempio delle peggiori crudeltà. Gli uomini ispireranno tale ripugnanza che l'Universo cesserà di essere ammirato, adorato ... le tenebre saranno preferite alla luce, si troverà la morte più utile della vita. Nessuno leverà più gli occhi al Cielo. l'uomo religioso sarà considerato come un folle e l'irreligioso passerà per un saggio, il furioso per un energico, lo scellerato per un uomo di bene ... Si, credimi, ci sarà pericolo capitale per colui che si consacrerà al culto dell'anima.

Un nuovo diritto si costituirà, una legge nuova: non sarà più questione di niente di santo, di niente di religioso che sia degno del cielo e dei suoi celesti abitanti, non si crederà più a tutto ciò.

Ci sarà un doloroso divorzio tra gli dei e gli uomini. Solo gli angeli invisibili resteranno mescolati all'umanità, essi indurranno i cattivi a tutti i nefasti dell'audacia, alle guerre, alle rapine, alle frodi, a tutto ciò che è contrario alla vera natura delle anime ... "

La profezia di Ermete Trismegisto, riportata da Lattanzio alla fine del IV° secolo è, probabilmente, di una alta antichità ed è molto curioso che essa non si sia internamente realizzata. Nei nostri templi francesi giungerebbe un pochino fuori luogo parlare di teismo e il Fratello, che vi si avventurasse o che avesse l'incresciosa idea di porre in discussione la realtà degli dei, verrebbe sicuramente e poco fraternamente irriso rischiando di compromettere la propria reputazione.

Purtroppo, questa stupida questione, è tutto il problema massonico, angosciante e cruciale per il nostro Ordine.

Se non siamo degli sciocchi fanciulli amanti di vestire dei ridicoli ornamenti di passamaneria, che trascorrono il loro tempo in Loggia a battere cadenzatamente le mani, a discutere su questioni profane spesso ricche d'interesse, e ne convengono volentieri, e allora, la L.M. non è che un centro o circolo di studi che si differenzia da altri circoli di studi profani soltanto da una disciplina molto particolare e arcaica.

Orbene, c'è o c'era un'altra cosa all'origine, io ne sono profondamente convinto; quest'altra cosa è possibile che sia un'incentivo, ma il problema va riproposto e la scienza dovrà un giorno decidere, poiché questo problema, a priori, non è insolubile.

Non sono mai esistiti questi dei antichi ? O non sono altro che insane e infantili elucubrazioni di cervelli primitivi prodotte da fenomeni naturali incomprensibili al loro intendimento ?

Orbene, essendo esistiti, sono morti di consunzione, di fame e di sete, le loro offerte e i loro sacrifici devono essere stati difettosi in seguito alla scomparsa dei loro culti divenuti desueti.

Orbene, ancora come dice Ermete, gli Dei esistono realmente ancora, essi hanno disertato la sfera d'influenza terrestre, si disinteressano del tutto della sorte di quest'umanità creata da loro ?

Orbene, esistono sempre, sebbene la curva statistica dei miracoli realizzati da essi tenda verso zero, prova che questi pretesi miracoli non furono che allucinazioni o grossolane soperchierie risultate dalla mancanza di senso critico dei nostri antenati ?

Comunque, si può ammettere che l'intervento degli dei non può che essere psichico. non bisogna dimenticare un vecchio adagio massonico: "I massoni si agitano, Hiram li regola ".

E poi, le apparizioni d'Eleusi, affermate da tanti autori, non sono fantasmagoriche ? Si taccino pure di credulità coloro che li riferiscono, poiché è indubbio, che i sacerdoti del tempo, come gli attuali feticisti dell'Africa nera, sarebbero degli impostori. Ma gli antichi alchimisti erano impostori a loro volta perché pretendevano di realizzare il fenomeno della trasmutazione della materia. L'impostura è evidente, nel mentre la possibilità del fenomeno era un'utopia, perché è diventata realtà.

E' forse lo stesso fenomeno psichico che ancora oggi non è interamente chiarito, chi può pretendere di recare delle certezze intorno a queste questioni allo stato attuale della scienza ?

E' saggio rimanere in una prudente attesa e, di continuare con ostinazione il nostro viaggio alla ricerca della Parola Perduta.

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UN VIAGGIO .... IN INDIA

di Manrico Murzi

Carissimi e fraterni amici,

Vi faccio ora il racconto dell'esperienza che ho vissuto il 15 Febbraio dello scorso anno, alla fine del mio ultimo viaggio in India: relativamente eccezionale per quelli convinti che ogni essere umano in cammino di questua e rispettoso della necessaria disciplina, prima o poi incontra i segni che lo illuminano, ascolta le risposte che lo nutrono.

Dopo aver attraversato con lo spirito d'un pellegrino i luoghi sacri e i templi della devozione popolare in varie città di quel continente, e dopo aver esplorato a piedi, servendomi del lungo bastone dei ginnosofisti, l'isola d'Elefanta raggiunta con una barca, visitando le tante grotte dove la Divinità esprime la Sua potenza con dolcezza o con forza, ma sempre con benevolenza, ho trascorso a Bombay la giornata che precedeva quella del mio volo di ritorno. Dunque, deciso a riposare e raccogliere le idee restandomene in albergo, il Talji Mahal, dopo pranzo mi reco all'ufficio cambi della hall. Durante il mio soggiorno indiano non avevo portato su di me denaro di alcun genere, essendo ospite del tutto spesato. Così acquisto un pò di rupie, anche con l'intenzione di far più tardi qualche compera nei negozi dell'albergo stesso e portare dei doni alla famiglia.

Messi i soldi in tasca e salito in camera, mi siedo alla scrivania per mettere in ordine gli appunti necessari al mio lavoro di scrittura. Dopo un pò mi prende un colpo di sonno, durante il quale ho uno di quei sogni che hanno piuttosto la consistenza della visione. Dal fondo di un vuoto luminoso, trasversalmente aggalla con lentezza una testa senza corpo, oblunga e a forma d'uovo. Mentre sale verso di me, mi accorgo che si tratta del volto di una amico di lunga data, compagno di molti miei viaggi sui mari, quand'ero navigatore; una persona, ancor oggi, di grande bontà e saggezza.

Ha lo sguardo sereno, ma la sua bocca è cucita col filo di seta e punto a croce. Ne sento compassione e, una volta faccia a faccia, lo bacio sulle guance. Al che mi sveglio di colpo. Ne resto impressionato: Per scuotermi, vado in bagno a sciacquarmi la faccia. Poi decido di uscire per svagarmi, andando a visitare il "Principe of Wales Museum" a due passi dall'albergo.

Scendo in strada. Il Basalto giallo blu dell'edificio e la sua cupola bianca nello stile dei monumenti sepolcrali di Golkonda che dall'alto della mia stana avevo a portata di naso, mi sfuggono ora che percorro in basso i marciapiedi affollati. Mi rivolgo ad un passante, il quale mi dice che sono andato oltre. Dovrei tornare e svoltare subito a sinistra. Ma di seguito e con aria di rimprovero, "Che vai a fare al museo ? Ieri è crollata una casa fatiscente e alcuni poveracci sono morti, anche mamme e bambini. Non sai niente ? Li bruciano tra poco, alle quattro. Qui vicino, la cimitero della "Marine Drive", dietro l'acquario". Affermo di non saper niente dell'accaduto e protesto la mia intenzione di recarmi al museo. "Gente che ieri respirava, faticava a vivere, giocava, in un attimo non è che un fagotto di carne e ossa da bruciare. Cosa siamo ! Una fiammata e via, altro che museo ! Vieni con me, qualcuno laggiù potrebbe avere bisogno di noi".

Sono diffidente, penso ai soldi che mi sono lasciato in tasca, immagino che costui voglia trascinarmi in qualche suo negozio o chissà che. Gli chiedo chi è, che fa. Mi dice d'essere un impiegato della Luftansa e uno dei pochi cattolici in India. Continuo a non essere tranquillo, pur volendo accettare l'invito di partecipare a quel rito funebre. Allora fermo un taxi, vi saliamo tutt'e due, epperò dico io all'autista dove andare, per essere sicuro di arrivare veramente al cimitero.

I riti sono incominciati. Entrando, a sinistra c'è il camposanto dei mussulmani, di fronte quello dei cristiani: In ambedue i morti vengono interrati, ascoltiamo la mescolanza nell'aria delle preghiere recitate o cantate, scorgiamo i fiori, ma non ci avviciniamo. Nell'angolo di destra, in fondo al piazzale d'ingresso, il mio accompagnatore indica il funerale di due parsi, seguaci di Zoroastro, che vengono trasportati su, in cima alla torre del silenzio dove saranno lasciati in pasto agli uccelli rapaci. Sempre nell'ingresso, a destra c'è un cancello di ferro chiuso con a fianco un botteghino di marmo come quello dei teatri di un tempo. Vi sta affacciato un impiegato al quale si rivolge la mia guida. Parlottano un poco, poi mi si chiede di scrivere anch'io il mio nome e indirizzo su un pezzetto di carta. Un timbro convalida i due lasciapassare e infine ci accostiamo al cancello.

Tiriamo una cordicella ch'io credo di una campanella in metallo, invece sento sbattere due legnetti: suono ottuso, ma discreto. Efficace, giacchè di colpo s'apre uno sportellino del cancello, noi mostriamo i foglietti e ci lasciano passare. Ci troviamo si di un ampio cortile il cui spazio è come diviso in tre lunghe corsie: quella di destra ha, subito all'ingresso, una piccola bottega con vendita di petali in mille colori, incensi, profumi e pezzi di legno odorifero da bruciare e poi continua con file di panche pitturate di verde dove siedono i parenti dei morti che aspetteranno la fine del rogo e il raffreddamento delle ceneri; quella centrale serve al transito dei necrofori, oranti, morti, legna da ardere, piccoli cortei funebri; la corsia di sinistra, infine, panche di pietra su cui i cadaveri vengono lavati e preparati alla cremazione, rivestiti con una lunga veste bianca di cotone o di lino, adornati con collane di fiori, profumi e incensi. Subito vicino sono allineati dei lettini di ferro alti di un piede, con una graticola fatta di spranghe per rete e bande laterali a contenere la pira.

In fondo al cortile si erge un alto capannone con cataste di legna e due bilance i cui piatti sono retti da corde lunghissime pendenti dal soffitto. Oltre c'è un campo zappettato di fresco: i bambini, di regola quelli che non hanno ancora messo i denti, non vengono bruciati e si seppelliscono senza mettervi alcun segno. Giunti al capannone, dunque, un necroforo ci chiede se desideriamo coprire le spese di cremazione per chi non ne ha i mezzi. Così adottiamo un morto a testa, e ne viene scritto il nome sul "bigliettino d'ingresso". Da quel momento perdo di vista il mio accompagnatore che non ho più rivisto. Chiedo quante legna ci vuole, qual'è la spesa, cosa devo fare.

I necrofori parlano un inglese perfetto e non ho difficoltà a comunicare. Mi chiedo se sto compiendo atti mai praticati o piuttosto atti di memoria, visto che tutto mi è naturale e niente mi sorprende. Sono obbediente al richiamo che mi spinge a operare per un morto che, non so come, ha bisogno proprio di me per consumare la propria materialità con decoro e secondo il suo credo.

Acquisto quattrocento chili di legno di mango e raggiungo il "mio" morto: Non deve avere neanche cinquant'anni, asciutto e di bell'aspetto, sereno nella morte. Mi suggeriscono di comperare fiori, profumi, pezzetti di sandalo. Vado al negozio e ritorno alla panca di pietra dove giace il morto. Assisto alla preparazione, alle preghiere, e, seguendo le istruzioni dei necrofori, gli metto addosso collanine di petali, essenza e legnetti odorosi. Poi raggiungo il gruppi dei "miei" familiari e mi siedo con loro. Una vecchia, penso la mamma, si muove e mi bacia la mano sinistra ch'io ritraggo. Sapendola povera, le offro anche direttamente altro denaro, ma non mi vuoto del tutto le tasche, anche pensando alla spesa del ritorno.

Intanto si è già composto il primo strato di mango. Vi sdraiano il morto e gli mettono sopra altra legna: Tutto è pronto. Il fuoco viene appiccato a tutti i "lettini" e i familiari restano indifferenti, ma negli occhi dei "miei" vi è un'espressione di quiete che prima non leggevo.

I fuochi hanno finito di ardere, quelli di legno pregiato come quelli di legno ordinario. Ora i tizzoni e le ceneri cascano radi sotto le pire e il fumo dolce e profumato ha smesso di salire verso il cielo. Ci si può accostare: Tutti i morti sono completamente consumati del fuoco. Del "mio morto", però, è rimasta la testa, nera come il carbone, con tre laghetti di sangue coagulato: gli occhi e la bocca.

Rivedo la testa della visione avuta appena due ore prima nel colpo di sonno. Aderisco con maggiore convinzione al mio compito, ma ancora senza emozioni. Un necroforo mi consiglia altri cento chili di legna per completare la cremazione e qualche profumo in più. Ho giusti giusti i soldi per la fiammata supplementare. Completata l'opera, saluto quella mia famiglia provvisoria e rientro in albergo. Arrivato, chiedo a uno dei portieri di prestarmi i soldi per il taxi, riflettendo sulle limitazioni che i veicoli materiali possono porci, confortato dalla liberazione che avevo ricevuto al momento in cui ero attivo nel donarla ad altri.

Rimuginata la lezione ricevuta, ho capito che la via da noi scelta è giusta, i passi che stiamo facendo sono sotto tutela, non ero solo, bensì legato alla catena energetica di cui non mi sento che anello alla quale arrivano e arriveranno gli attesi messaggi.

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RUDOLF STAINER ED ALEXANDER VON BERNUS:

DUE FRATELLI DEL RITO EGIZIO

Alla Luce imperitura di Kemi-Hator

di Apis

 

In merito alla parabola terrena di Rudolf Steiner (Kraljevicz 1861- Dornach 1925) è stato detto e scritto moltissimo. Fondatore della Società Antroposofica e di quel vasti Sistema da lui definito "Scienza dello Spirito Orientata Antroposoficamente", lo Steiner nel corso della sua vita si occupò di moltissimi argomenti: la Scienza, la Pedagogia, l'Arte, la Filosofia, l'Agricoltura, la Medicina (in collaborazione con la dottoressa olandese Ita Wegman), la religione furono da egli visitate ed ampliate secondo le vastissime conoscenze Esoteriche acquisite grazie ad una diretta sperimentazione nel campo del sovrasensibile e ad uno studio attento ed ordinato dei principali Sistemi Sapienziali dell'Oriente e dell'Occidente.

Soprattutto Steiner fu un occultista nel senso più vero ed ampio del termine, connettendosi con quella via esoterica "Rosicruciana" il cui esponente visibile, nel primo Rinascimento, fu l'Entità conosciuta come "Cristiano Rosacroce", anello centrale di una catena che inscrive i nomi di Elia. Giovanni, Böhme, Paracelso, Basilio Valentino, Ioannes Valentin Andreae, Robert Fludd, Cagliostro, il Conte di Saint di Germain ed altri.

Lo Steiner giunse all'Osservazione Spirituale partendo dallo studio delle Opere Scientifiche di Goethe, il Grande Genio Tedesco che, come tutti sanno, fu fervente Libero Muratore ed al cui nome lo Steiner dedicò la sede, tuttora esistente, della Società Antroposofica universale di Dornach, in Svizzera, chiamando "Goetheanum", l'imponente edificio, da lui stesso progettato e costruito, prima in legno poi in cemento armato.

Attraverso il successivo incontro personale con due grandi pensatori tedeschi, Haeckel e Nietzsche, lo Steiner arrivò alla conclusione che al di là del "limes", costituito dal pensiero materialistico-scientifico, esistesse un mondo spirituale che doveva però essere investigato ed approcciato con lo stesso metodo utilizzato dal pensiero filosofico-scientifico moderno, partendo cioè dall'unica facoltà certamente posseduta dall'uomo occidentale dei presenti tempi: il pensiero che inverandosi e divenendo "pensiero libero dai sensi", consente all'investigatore di entrare in contatto con i mondi superiori.

Ciò non astrattamente, ma attraverso una serie di esercizi animico-spirituali che lo Steiner fornì, in un secondo tempo, ai membri della così detta "Classe esoterica".

Decisivo fu per lo Steiner l'incontro con H.P. Blavatscki, fondatrice della Società teosofica. Lo Steiner entrò in grande familiarità con la veggente russa fino a diventare il Segretario Generale della Società Teosofica Tedesca. L'incontro con la Blavatscki gli permise di approfondire lo studio della Spiritualità Orientale, soprattutto il Buddismo e l'Induismo, penetrando nella dottrina del Karma e della Reincarnazione in quella dei "Corpi Sottili" e dei centri Energetici o "Chakras". Lo Steiner fu sempre grato a Madame Blavatscki per le conoscenze che poté acquisire grazie a lei e, nonostante alcuni aspetti piuttosto "stravaganti" del metodo di investigazione spirituale utilizzato dalla nobildonna russa (frutto probabilmente di una certa predisposizione medianico-lunare peraltro propria dell'animo femminile), egli le riconobbe sempre grande serietà e notevole competenza in campo spirituale.

Ma, alla morte della Blavatscki, la direzione generale della Società teosofica fu assunta da Annie Besant e dal Colonnello Olcott, i quali nel 1909 dichiararono di aver scopertola reincarnazione di Gesù Cristo in un fanciullo indiano che assunse il nome di Krisnhamurti. Da quel rigoroso e serio occultista che era, lo Stainer non digerì una simile buffonata, uscendo dalla Società Teosofica e fondando appunto la Società Antroposofica. Si noti, per inciso, che molti anni dopo Krisnhamurti smentì ufficialmente di essere la reincarnazione del Cristo, gettando nella costernazione più totale gli sprovveduti teosofi di tutto il mondo che avevano dato credito a tale follia.

Lo Stainer trascorse il resto della propria esistenza a divulgare, attraverso i propri scritti ed una instancabile attività di conferenze, i cardini essenziali del pensiero antroposofico, vera sintesi tra i sistemi Spirituali di Oriente e di Occidente. Secondo lo Steiner, infatti la decadenza spirituale dell'Occidente deve essere fatta risalire ai Concili Cristiani di Nicea e di Costantinopoli, allorquando la Chiesa delle origini eliminò dalla propria dottrina i principi della Reincarnazione, negando al contempo, l'esistenza della Spirito e contraddicendo perciò in sostanza il principio dell'Organismo Tripartito in SOMA-PSICHE-NOUS ed affermando, per contro, che l'uomo è costituito soltanto da corpo ed anima e che per spirito debbano intendersi esclusivamente "alcune categorie dell'anima".

Tali conclusioni avrebbero irrimediabilmente allontanato la chiesa cristiana (e poi quella cattolica) dall'effettivo Cristianesimo Esoterico, che sarebbe però sopravvissuto nello Gnosticismo e nel neoplatonismo rinascimentale di Pico della Mirandola, di Marsilio Ficino, di John Dee e di Giordano Bruno (quest'ultimo, non a caso, arso vivo come eretico in Campo dei fiori).

Come si può facilmente immaginare, lo Steiner fu violentemente attaccato dalle Chiese Cattoliche e Protestanti ed in particolar modo la Compagnia di Gesù orchestrò una vera e propria campagna diffamatoria nei suoi confronti. Tutto ciò non scalfì minimamente la serena imperturbabilità dell'Iniziato, che continuò imperterrito (nonostante vere e proprie minacce di morte culminate nell'incendio doloso del primo Goetheanum) nella sua missione conquistando consensi e proseliti in tutto il mondo.

Tra i suoi discepoli italiani ricordiamo Giovanni Colazza, Arturo Onofri, il Duca Colonna di Cesarò alias "LEO", "Oso" e "Krur" del celebre gruppo di Ur, fondato e diretto dal Massone e pitagorico Arturo Reghini (alias "Pietro Negri") e che annoverò tra i suoi membri anche Julius Evola (alias "Ea" e "Iagla"). Sul percorso massonico di Steiner pochissimo è stato reso noto: gli unici accenni presenti nella sua autobiografia ("La mia vita" Ed. Antroposofica-Milano) li troviamo nel capitolo 36, ove il Maestro fornisce scarne spiegazioni in merito alla sua propria adesione "ad una società che apparteneva alla corrente rappresentata da Yarker ed aveva le forme massoniche dei cosiddetti "Gradi Superiori". Come sappiamo il fratello Giuseppe Garibaldi, a Napoli nel 1881, riuscì ad unificare i due Riti di Memphis e Misraïm in un unico Rito denominato appunto "di Memphis e Misraïm". L'eroe dei due mondi assunse la carica di Gran Hyerophante Universale alla cui proclamazione parteciparono l'Italia, gli Stati Uniti, l'Egitto, l'Argentina e la Gran Bretagna il cui gran Maestro era proprio il summensionato Yarker, titolare di una patente rilasciatagli nel 1872 da Seymur, Sovrano Gran Maestro del Memphis degli Stati Uniti. Nel 1902 lo stesso Yarker è nominato Gran Hyerophante Universale del Rito unificato, dopo la morte di Garibaldi,evento quest'ultimo occorso nel 1882 e seguito da un periodo piuttosto confuso anche grazie alle vicende causate dalle note mistificazioni anti massoniche operate da Leo Taxil.

Ora lo Yarker rivestiva anche la carica di dirigente della Società Teosofica. essendo in stretti rapporti con H. P. Blavatscky, la quale era a sua volta legatissima al Generale Garibaldi, avendolo addirittura seguito nella battaglia di Mentana. Tra queste due ultime personalità esisteva una profonda comunione spirituale basata sull'assoluto rispetto reciproco e su di un vero e proprio amore fraterno.

Rudolf Steiner non poté mai conoscere personalmente Garibaldi ma fu animato, nei suoi confronti, da una vera e propria venerazione arrivando ad affermare che "Egli (il Garibaldi) rappresenta idealmente e spiritualmente per l'Italia ciò che il mitico Re Artù rappresenta per l'Inghilterra". Lo Steiner, nelle conferenze raccolte poi nei sei volumi intitolati "I Nessi Karmici", arriva ad affermare che l'elevatissima Personalità Spirituale dell'Eroico generale fu l'elemento fondamentale sul piano sottile perché potessero essere messe in movimento quelle forze "Occulte" che permisero l'Unità d' Italia. Si fa presente, per inciso, che coloro i quali nutrissero dubbi sulla grandezza spirituale di Garibaldi, dovrebbero leggere il suo testamento spirituale e riflettere attentamente sul significato esoterico del colore "rosso" che, come è universalmente noto, fu scelto dal Generale come colore delle famose camicie della sua milizia.

Si badi bene che lo Steiner era austriaco, cioè cittadino di quell'impero contro cui Garibaldi lottò strenuamente per tutta la vita e poiché fino a che il traballante stato Austro-Ungarico restò in piedi, cioè fino al 1918, egli si comportò sempre da cittadino leale e scrupoloso osservatore delle leggi di quello stato, abbiamo qui un esempio di come i vincoli spirituali siano più forti di tutti gli altri si tratti pure di vincoli di patria, di razza, famiglia o religione.

Dunque lo Steiner ricevette dallo Yarker una patente del Rito Riunificato di Memphis e Misraïm, ricevendo al contempo, da parte del Gran Hyerophante, la richiesta di tenere alcune conferenze a beneficio di fratelli del Rito. In pratica lo Yarker, che era persona integerrima e tutt'altro che sprovvisto di iniziativa, comprendendo la grandezza dello Stainer, gli chiese di operare una vera e propria "rettificazione esoterica" all'interno delle Logge del Rito.

Ma torniamo al precedente accordo tra Steiner e Yarker: il Maestro austriaco si mise al lavoro con l'abnegazione e l'entusiasmo che gli erano propri e, tre il 1904 e il 1905, egli deliziò i Fratelli tedeschi con bellissime conferenze che sono state poi raccolte nei due volumi "La leggenda del Tempio" e "Natura e scopo della Massoneria". In tali conferenze il Fratello Steiner illustra i più reconditi significati della Massoneria e della sua simbologia, spiegando inoltre in modo assai chiaro (conferenza tenuta a Berlino il 16 Dicembre 1904) il reale significato e la reale origine dei Riti di Memphis e Misraïm, i rapporti tra questi e il Gran Cofto (l'immortale Conte di Cagliostro), i rapporti tra quest'ultimo personaggio e l'altrettanto celebre Conte di Saint Germain e l'autentica derivazione dei Rituali dalla somma Saggezza Spirituale dell'Antico Egitto. Si noti, per inciso, che in molte sue opere lo Steiner ha insistito nell'evidenziare le occulte similitudini esistenti tra la presente epoca di civiltà e quella Egiziana.

In pratica nei tempi moderni verrebbero ad inverarsi alcune esperienze spirituali i cui germogli sono stati piantati durante l'antica Civiltà Egiziana. Ora. durante tali conferenze e nei lavori di alcune Officine del Rito, lo Steiner conobbe un giovane e brillante poeta nonché precocissimo studioso dell'Alchimia e della Spagyria: il Barone Alexander von Bernus (1880-1965).

Questo Fratello si legò allo Steiner in un indissolubile rapporto di amicizia e di discepolato iniziatico. Le visite del Maestro nel castello di Neuburg, tenuta avita della antichissima famiglia von Bernus (imparentata anche con i Goethe), divennero assai frequenti. Fu in tale tenuta che lo Steiner ottenne il silenzio e la concentrazione necessarie per scrivere alcune delle sue opere, fra cui il "Commento alle nozze chimiche di Christian Rosenkcreutz" del grande Valentin Andreae, fornendo al von Bernus quegli illuminati consigli che il Barone avrebbe messo in pratica nella costituzione della sua "Casa Spagyrica" alla quale diede il nome di "Soluna" e che tuttora produce alcuni specifici attivi su numerose malattie.

Secondo quanto ci è stato personalmente riferito dalla vedova del Barone von Bernus, la signora Isa Oberlander, da noi incontrata nel 1990, un terzo personaggio era spesso presente agli incontri tra Steiner e von Bernus: si tratta del grande scrittore ed occultista Gustav Meyerink (autore di alcune celebri opere quali "Il Golem", "La faccia Verde", "L'angelo della finestra di occidente") il quale procurò al Barone alcune rarissime opere di Alchimia, scritte da Paracelso, Arnaldo da Villanova, Raimondo Lullo, Cornelio Agrippa.

Tali opere ebbero certo i loro effetti nell'agile e profondo intelletto del von Bernus, come si può chiaramente intendere dalla lettura della sua "Alchimia e Medicina" (Ed. Mediterranee-Roma), ove egli si mostra assai padrone della reale conoscenza alchemico-spagirica. Il generoso Fratello volle mettere al servizio della sofferenza altrui tali conoscenze (emulo in questo del grande Kremmerz) attraverso l'elaborazione di una Spagyria curativa.

Alla morte dello Yarker, avvenuta nel 1913, Steiner e von Bernus non accettarono alcuna collaborazione con il Reuss e perciò si ritirarono dal Rito continuando a rimanere in grande familiarità reciproca fino al 1925 anno della scomparsa terrena del grande Iniziato austriaco. Peraltro lo Steiner fu collaboratore fisso della prestigiosa rivista "Reich" diretta dal von Bernus, alla quale contribuirono, con diversi articoli, altri prestigiosissimi personaggi come il Rilke ed Emil Bock. Ad un certo punto von Bernus chiese anche al maestro di edificare il Goetheanum presso una sua proprietà sita a Donaumünster ai confini tra Baviera e Svevia, ma questi declinò l'invito presagendo ciò che di li a poco sarebbe accaduto in Germania; fu così che il Goetheanum sorse in Svizzera.

Tuttavia la bufera nazista avrebbe risparmiato sia il Barone von Bernus, sia la casa Spagyrica "Soluna", nonostante le dichiarate idee liberali ed anti totalitarie dell'Alchimista tedesco e la sua nota appartenenza alla Massoneria. Accadde infatti che il gerarca nazista Herman Goering avesse sperimentato con grande beneficio i prodotti "Soluna" per alcuni suoi malanni fisici: tanto bastò affinché l'influente personaggio impedisse che il von Bernus venisse molestato o distolto dai suoi studi alchemici, che continuarono tranquillamente nella proprietà di Donaumünster ove il Barone visse fino al 1965 ed ove tuttora esiste la sede della "Soluna". La sua Arte fu condensata ed espressa, oltre che nel già citato "Alchimia e Medicina", anche in altre significative opere, tra cui la raccolta di poesie "Gold um Mitternacht" e la commedia esoterica "Spiel um Eulenspiegel" purtroppo mai tradotte in italiano.

L'Arte di von Bernus discendeva direttamente da quelle idee cosmosofiche presenti nel pensiero di Ildegarda von Bingen, Paracelso e Jacob Bhöeme.

Attraverso una concezione gnostico-esoterica del mondo si giunge così alla comprensione sottile delle Forze che agiscono nella Natura: Forze positive che si manifestano in determiante piante e metalli, contrapposte a Forze distruttive che si manifestano in altre. Quindi, dietro le quinte del mondo visibile ve ne è un Altro invisibile intessuto di energie sottili e viventi, così come nell'uomo oltre il suo corpo fisico, carnale, sussitono altre entità di natura sottile in conformità al noto insegnamento della "Tavola smeraldina" (come in alto, così in basso).

Lo studio di tali forze consente la preparazione di prodotti in grado di risvegliare i poteri curativi interni all'organismo senza aggravare le condizioni e facendo in modo che l'organismo medesimo si, per così dire, "riorganizzi". Il risveglio dei poteri curativi che porta alla risoluzione delle disfunzioni dell'organismo può essere nel linguaggio scientifico moderno definito come un rafforzamento delle difese immunitarie proprie del corpo.

Di contro si può affermare che in realtà i prodotti Spagyrici non agiscono direttamente sull'organismo in disordine, ma sono fatti in modo tale da portare (o riportare) i poteri autocurativi nelle condizioni di svolgere il loro specifico compito; ovvero il ristabilimento ed il mantenimento della salute. La lavorazione Spagyrica dei metalli e delle piante utilizzate per la preparazione dei medicinali rende possibile la più completa "apertura" delle materie prime, onde queste possono essere assorbite ed assimilate dall'organismo senza quegli effetti collaterali altrimenti inevitabili.

Tali insegnamenti venivano già impartiti negli antichi Santuari Egizi, quando il medico era, al contempo, Sacerdote e sono alla base dello stesso insegnamento Esoterico del Divino. Cagliostro che spesso si dedicava alla cura gratuita degli ammalati distribuendo prodotti spagyrici da egli stesso preparati. Daltronde, nella storia dei Rosacroce non compare forse frequentemente l'esercizio gratuito della medicina ? E non erano forse medici Paracelso, Nostradamus, Van Helmot e Robert Flud ?

Tale fu dunque la vicenda del rito egizio in Germania e tali i personaggi che lo animarono. Ad essi, come a tutti i Maestri passati, si rivolga la nostra imperitura devozione e gratitudine per quanto hanno apportato, e tuttora apportano, alla edificazione del Tempio Immortale.

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SABBIA, SALE E ZOLFO: ALCUNE RIFLESSIONI SU ERMETISMO E MASSONERIA

di Giovanni Lombardo

Non sono un cultore di alchimia o di arti magiche in genere. Non ho mai usato l'atanor e neppure un alambicco, ne ho mai sperimentato alcunché. la mia curiosità è puramente intellettuale, sollecitata dall'osservazione del gabinetto di Riflessione, sul tavolino, vi sono anche tre ciotole contenenti sabbia, sale e zolfo. Mi sono chiesto il perché e credo di aver trovato la soluzione di questo 'arcano'. La sottopongo pertanto alla Vostra riflessione, sollecitando il Vostro contributo al dibattito.

L'ermetismo

Il Fr. René Guenon afferma che con questo termine si designa una dottrina essenzialmente cosmologica d'origine egiziana, filtrata poi attraverso la cultura ellenistica. La si fa derivare da Ermete Trismegisto, figura leggendaria d'iniziato, considerato dai greci identico al dio egiziano Thot, inventore della scrittura e del calcolo(1). Inoltre, la peculiarità d'indagine della dottrina suddetta è legata al tipo di iniziazione regale e non sacerdotale: solo quest'ultima reintegrerebbe l'iniziato al Principio, direttamente, consentendogli di realizzare i Grandi Misteri; laddove prima si limiterebbe al compimento dei Piccoli Misteri. L'iniziazione a questi ultimi comporta "lo sviluppo delle possibilità dello stato umano considerato nella sua integralità; essi mirano dunque a ciò che abbiamo chiamato la perfezione di questo stato, vale a dire a ciò che è stato designato tradizionalmente come la restaurazione dello stato primordiale (2)".

La distinzione è presente in tutte le culture tradizionali: nel taoismo, per esempio, si distingue fra "uomo vero" e "uomo trascendete": aggiunge il Fr. Guenon che l'iniziazione sacerdotale è andata irrimediabilmente perduta e che ci si deve giocoforza accontentare delle iniziazioni ai Piccoli Misteri, come quelle di mestiere, tra le quali la Massoneria e il compagnonaggio: a questo punto, più prosaicamente, mi sia consentito rammentare il vecchio adagio, nel quale è però racchiusa una grande saggezza: "chi si accontenta, gode". "Tutto è nel Tutto e il Tutto è in Tutto".Questo motto condensa la dottrina ermetica, che vedeva una stretta correlazione tra fisica e metafisica, la prima essendo un riflesso della seconda. Se il Logos del Vangelo di Giovanni è la parola ordinante, la Natura è il Liber mutus che la custodisce. Lo studio di questo libro può allora essere uno dei possibili strumenti con il quale ritrovare la 'parola' andata poi 'perduta'. Anche l'uomo è oggetto si studio. A differenza però di altre filosofie, quali la Scolastica, l'Ermetismo si propone anche di incidere sulla Natura -e quindi sull'Uomo- allo scopo di ottenerne la trasformazione. Così, mescolando sapientemente umori di piante e di metalli, gli alchimisti arricchivano la loro farmacopea. Puntualizzo tuttavia che il lavoro sulle piante (spagiria) o sui metalli (Alchimia) non era mia fine a se stesso: come i muratori che, lavorando la pietra, lavoravano il loro sé interiore, così gli ermetisti, mutando il piombo in oro. lavoravano essenzialmente sub specie interioritatis per ottenere la trasmutazione del loro io, attendendo così alla Grande Opera.

Gli scienziati ci dicono che il nostro mondo è cominciato con un Big Bang, cioè con una deflagrazione effetto della dilatazione spasmodica di una struttura infinitesimale. I testi vedici ci parlano dell'uovo primordiale, in cui era contenuta tutta la Manifestazione; l'esoterismo islamico identifica il Principio con il punto geometrico, figura senza dimensioni, dal cui irraggiamento nasce tutto l'universo. La forma e il significato del numero "zero" possono sollecitare interessanti speculazioni. Nel Genesi l'attuale assetto del mondo è il frutto di molteplici distinzioni: "In principio dio creò il cielo e la terra ". Il racconto prosegue e ci tramanda la separazione fra luce e tenebre, firmamento ed acque, acque e terra asciutta.

Gli ermetisti raffiguravano la materia indistinta con una circonferenza. Essa è stata fecondata dal Sole, simboleggiato dalla circonferenza con un punto centrale: IL simbolo del creato è invece una circonferenza il cui diametro è in posizione orizzontale: il riferimento alla divisione è quindi molto evidente. Questo grafema è anche il simbolo alchemico del sale: Non ci si riferisce, però, al sale marino: con questo termine gli ermetisti indicavano piuttosto la personalità essenziale di ogni uomo: occorre anzi mettere in evidenza che i termini del linguaggio ermetico non hanno alcun riferimento con quelli dell'odierna chimica, trattandosi di metafore, di simboli che devono essere interpretati in chiave esoterica. Coloro i quali presero alla lettera i testi ermetici, accingendosi ai fornelli con pentolini e alambicchi, furono chiamati, spregiativamente, "soffiatori di fumo". A loro può essere forse attribuito il merito di aver dato impulso alla chimica moderna; è tuttavia chiaro che siamo su un piano di lavoro affatto diverso da quello degli ermetisti, mancando i primi di ogni afflato spirituale.

"La sostanza che si cerca è la stessa cosa di ciò da cui bisogna trarla", L'aforisma, riferito ad Huginus a Barma (3), ci fa ben comprendere come il lavoro ermetico-alchemico avesse per oggetto l'uomo: si trattava dunque di lavorare su di lui per fare nascere l'homo novus, trasformando la pietra grezza in pietra cubica. In potenza, quasi tutti gli uomini sono pietre grezze idonee ad essere squadrate. Basta che lo vogliamo: il massone non forse "l'uomo di desiderio" ? Il profano che bussa alla porta del nostro tempio deve essere però come il Folle, raffigurato dalla lamina dei tarocchi, quella senza numero: un uomo che va verso l'ignoto.

La sua bisaccia è piccola: ha tenuto per sé l'essenziale; appare spinto da un'irresistibile ansia, da un dàimon, simboleggiato dal cane che gli morde la gamba, e pur tuttavia il suo viso non esprime sofferenza. Nella mano destra regge un bastone, dal quale spunta un germoglio: se persevera, il suo giardino interiore conoscerà lo splendore di una nuova fioritura ed il Nostro raccoglierà rigogliose messi, premio del suo impegno e della sua costanza.

* * *

Il sale -elemento 'fisso'- entra a contatto con le influenze esterne. Nel simbolismo ermetico queste ultime sono simboleggiate dal mercurio, elemento 'volatile'. L'ideogramma - ci aiuterà a comprenderne meglio il significato. Sotto la circonferenza simbolo dell'indeterminatezza della materia, c'è una croce. Per inciso, è opportuno rilevare che nel linguaggio ermetico la croce non ha un significato a sé stante, designato piuttosto un lavoro, da compiersi o già compiuto. Come ha rilevato il Fr. Oswald Wirth, "il braccio orizzontale è passivo, come l'uomo che dorma o riposi steso al suolo; al contrario, il braccio verticale è attivo, simile all'uomo che sta in piedi, all'uomo 'svegliato', cosciente. L'attivo, che passa attraverso il passivo, suggerisce l'idea di fecondazione, e proprio all'unione dei sessi si ricollega filosoficamente la croce, beninteso a patto di sublimare e di ampliare la nozione volgare di accoppiamento.

L'idea, penetrando nell'intelligenza ricettiva, la feconda: Dio si unisce alla natura per generare ciò che è. La nostra energia sposa il nostro organismo, perché questo agisca. E' l'applicazione cha dà valore ad ogni forza: questo indica la Croce + , segno di azione e di affettivo lavoro. Secondo che il lavoro sia da effettuare o sia già compiuto, gli Alchimisti tracciano la Croce sotto un elemento grafico o, viceversa, sopra di esso (4).

Nel caso al nostro esame, la croce sotto la circonferenza simboleggia il lavoro necessario per l'evoluzione della materia prima: non per nulla, in astrologia, con questo stesso segno s'indica Venere, dea dell'amore. La luna sormontante denota che l'evoluzione di cui trattasi dovrà prodursi nel dominio sublunare, dunque nella sfera della materialità soggetta continuamente ai cambiamenti. Per potere affrontare il 'mercurio', cioè l'azione dell'ambiente esterno, 'il sale' dovrà essere prima opportunamente purificato.

Si noti che nel gabinetto di riflessione il mercurio è significativamente assente: il recipendiario è solo con se stesso, deve conoscere la sua intima individualità, e dunque non può e non deve essere affatto condizionato dall'esterno. Da questo punto di vista, il locale è assolutamente sterile, come la sabbia contenuta nella ciotola. In Massoneria la purificazione avviene mediante i quattro viaggi simbolici ai quali corrispondono, rispettivamente, le prove di terra, acqua, aria, e fuoco. Comincia così il cammino iniziatico, dapprima verso i recessi della nostra coscienza, quindi verso l'alto, verso la dimensione dello Spirito. Una volta spogliato dei metalli, cioè dei pregiudizi e delle passioni, l'iniziando mette a nudo la suo personalità essenziale, la sua quintessenza, ovvero ciò che rimane di lui dopo le quattro prove superate.

A questo punto, il profano è pronto per ricevere la Luce, come il sale è pronto all'incontro con il mercurio. La Luce provocherà l'ignizione dello zolfo, ma di ciò parleremo in seguito. L'incontro è selettivo: l'iniziato non subisce più passivamente le influenze esterne, come un albero investito dal vento, ma se ne serve scegliendo opportunamente quelle che gli saranno d'aiuto nella sua crescita spirituale e scartando invece le altre. Il Vangelo ci esorta a "separare il grano dal loglio, nel linguaggio ermetico si parla invece di 'coagulazione del mercurio'.

* * *

Retto pensiero, retta parola, retto agire. Quest'ultimo compito è quello più impegnativo per l'iniziato. che non può però sottrarvisi, dovendo dimostrare con i fatti d'avere assimilato e di sapere mettere in pratica i precetti ricevuti.

La Luce ricevuto ha acceso lo zolfo che l'iniziato custodiva nel profondo del suo Io. Lo Zolfo è il Fuoco realizzatore esistente nel nucleo essenziale di ogni essere. Rappresenta l'ardore della volontà, lo slancio verso l'ideale. E' simboleggiato da un triangolo che sormonta una croce: _, il triangolo è il simbolo del fuoco; la croce sottostante si riferisce al relativo processo d'irraggiamento che deve essere compiuto dall'iniziato. La combustione dello zolfo è calmierata dal sale, che s'interpone fra lo zolfo e il mercurio: l'iniziato mantiene vivi sentimenti e idealità, ma il suo comportamento è sempre misurato e composto.

A questo punto, possiamo opportunamente cogliere contatti, ma anche differenze, tra la Massoneria e l'Ermetismo. Comune alle due Scuole è, senz'altro, il lavoro interiore. Abbiamo già detto che le pratiche alchemiche, di derivazione ermetica, non avevano quale obiettivo primario la così detta mutatio metallorum, la trasformazione dei metalli, quanto piuttosto la trasformazione dell'iniziato.

E' questo, un concetto universalmente conosciuto e accettato. Ne è testimone, per l'Oriente, l'espressione araba Kimia es saada, alchimia della felicità, quella ineffabile che prova la creatura allorché conosce il suo creatore: felicità estatica, eminentemente spirituale. Per inciso, va affermato che il mondo arabo ha visto fiorire filosofia ermetica e pratiche alchemiche, giunte a noi attraverso i Templari, che alla guerra con i musulmani preferivano decisamente il "commercio di dottrina e Luce". Per l'Occidente, invece, vale la pena meditare sulla XII lamina del tarocco, l'Appeso: è raffigurato un uomo, impiccato per i piedi, dalle cui tasche cadono per terra alcune monete.

L'uomo è capovolto, come capovolti sono i valori del mondo iniziatico rispetto a quelli del mondo profano (5), mentre le monete che lascia cadere alludono tanto alla spoliazione dei metalli, quanto ai valori che egli diffonde nel mondo, con la parola e, soprattutto, con l'esempio.

Ai suoi lati vi sono due tronchi, che ci rammentano le colonne "B" e "J" la sua gamba destra è piegata ed incrocia la sinistra, formando un triangolo con la punta all'ingiù. L'ideogramma è il simbolo dell'acqua di vita, pronta a ricevere il Soffio vitale: la Grande Opera è così compiuta (6). Analogamente il lavoro del massone che sgrossa la pietra è volto anzitutto alla purificazione della mente e all'elevazione dello spirito.

* * *

Le analogie con l'Ermetismo, tuttavia, finiscono qui. Le ricerche svolte non ci consentono di raccogliere tracce di un lavoro rivolto anche all'esterno, da parte degli ermetisti. Viceversa, la costruzione massonica del tempio interiore precede quella del tempio esteriore. Le due costruzioni non procedono di pari passo, ne lo potrebbero: prima di rivolgersi all'esterno occorre, intuitivamente, fortificarsi all'interno. Tuttavia è illusorio pensare di migliorare se stessi e disinteressarsi dei problemi del mondo. Il simbolismo delle due colonne è, a tal riguardo eloquente (fig. 3).

La Bibbia riferisce che quando Hiram costruì il Tempio per incarico di Salomone, pose al suo ingresso due colonne, Quella di destra fu chiamata Jakin, quella di sinistra Boaz. I loro nomi significano rispettivamente, Essa è stabile e Forza (7). Il simbolismo non è però originale: gli ebrei ne sono debitori agli egiziani, che avevano posto una colonna nel regno del Basso Egitto, a Nord, a Eliopoli; un'altra in quello dell'Alto Egitto, a Sud, presso Tebe. L'unificazione dei due regni avvenne più di 5200 anni or sono. Il Faraone, figlio di Horus, il dio-sole, "luce della luce", presiedeva al regno unificato, governando il suo popolo con ma'at, cioè con "verità", "rettitudine", "giustizia" (8).

Presso gli ebrei la colonna Boaz rappresentava il pilastro regale (Mishpat), Jakin quello sacerdotale (Zedeq). Ambedue le colonne erano idealmente unificate da un archivolto denominato shalom, pace (9).

La pace, la prosperità possono dunque scaturire solo dall'armonioso connubio fra il temporale e lo spirituale. Intendiamoci, la Massoneria non può fare politica, perché i programmi dividono gli uomini, sono invece i principi che li uniscono. Compito della Massoneria è formare uomini, maestri di vita capaci di diffondere la luce e riunire ciò che è sparso.

Diverso è il discorso per i massoni: la costruzione, come dicevamo, è globale; pertanto essi non possono e non devono estraniarsi dalle grandi problematiche religiose, sociali, in una parola: politiche, del nostro tempo. Ciò che veramente conta è che nel loro impegno non dimentichino la tolleranza, cioè, se non l'amore, almeno il rispetto per chi pensa diversamente, sia questi profano o "fratello"; senza, non vi può essere via iniziatica, non vi può essere costruzione, non vi può essere Massoneria.

 

NOTE

1) Guenon, considerazioni sulla via iniziatica, Milano 1945, pag 338

2) Guenon, op. cit. pag. 325

3) Alchimista vissuto nel XVII secolo: Di lui segnalo La pietra di tocco, una raccolta di massime raccolta da R. Alleau, Aspetti dell'alchima tradizionale, Atanor, Roma 1989

4) O Wirth, Il simbolismo ermetico nei suoi rapporti con l'Alchimia e la Frammassoneria, Ed. Mediterranee, Roma 1991, pag. 23

5) Rammento che i lavori di Loggia sono aperti dopo che il Primo Sorvegliante ha 'ribaltato? la squadra.

6) Cfr. "... e lo spirito aleggiava sulle acque", Genesi 1, 2

7) RE 7, 21

8) Ma'at non è traducibile con una sola parola. Il Fr. Mircea Eliade spiega che la ma'at appartiene alla Creazione originaria: dunque riflette la perfezione dell'Età dell'Oro. Sul punto, V. dello stesso A., Storie delle credenze e delle idee religiose, I, Sansoni 1991, pag. 106

9) Sull'argomento v. C Knight - R. Lomas, La chiave di Hiram, Mondadori, Milano 1997, capp. 7 e 11.

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ERMETISMO E TRADIZIONE ARTURIANA

Una lettura alchemica di "LANCELOT, ou LE CHEVALIER A` LA CHARETTE"

di Chrétien de Troyes

di Paolo Lucarelli

E` mia ferma convinzione, ma ne accenna già Fulcanelli, che la tradizione del romanzo bretone o arturiano tragga ispirazione dalla gnosi ermetica, o, se si vuole essere più chiari, dall'Arte Sacra o Regia, l'Alchimia. Si dovrebbe iniziare qui un lungo discorso su una catena che risale nei secoli all'esoterismo della cavalleria mistica, le cui prime tracce iraniche restano nell'immaginario leggendario come origine della cavalleria ismailita, poi da questa trasmessa ai Cavalieri Templari, e da questi ad altri Ordini in Occidente.

A prima imperfetta dimostrazione di una tesi da elaborare, propongo qui la lettura ermetica del primo dei romanzi del ciclo, dal curioso titolo di "Lancillotto o il Cavaliere della Carretta". Chrétien compone 'roman' per ordine di Maria di Champagne, figlia di Eleonora di Aquitania, probabilmente intorno al 1165. Come egli stesso dichiara, è stata la contessa a fornirgli la matiére e le sens, l'argomento e il significato, ma anche, noi intendiamo, la materia e il sangue (all'epoca sens e sang avevano stessa pronuncia), quindi la materia e il vaso in cui cuocerla (vedi infra).

Il contenuto consiste nell'avventura di Lancillotto che deve liberare la regina prigioniera, Ginevra; ecco come avviene descritta altrove da Galvano:

" .... è cortese, bella e saggia senza pari. Insegna e istruisce tutti coloro che vivono: Da lei discende tutto il bene del mondo. Esso ne è fonte e origine .... Nessuno si comporta con rettitudine e conquista onore se non avendoli appresi da lei .... " (1)

Si riscoprono parole chiave che ci ricordano tra l'altro Alano e Lilla: "Pax amor virtus regimen potestas ordo lex finis via dux origo vita lux splendor figura Regula Mundi"

Ginevra dunque è Dama Natura, lo Spirito o, meglio, l'Anima Universale, l'Anima del Mondo, qui corporificata nella Fontana degli innamorati della Dottrina e nella nostra Regina imprigionata in una veste orrende e tenebrosa. Deve esserne liberata. E' la materia prima, nera, oscura, vile, disprezzata dal volgo, preziosissima per il Filosofo. Per liberarla occorre Lancelot.

Il nome di questo eroe non è di origine celtica o normanna, ma è nome francese, derivato dalla parola ancel di radice latina (ancilla) (2), Indica un servitore. Ancelot ne è diminutivo. In questa forma senza articolo è talvolta indicato, come nel romanzo di Ogier: "N'est mie de la fable Ancelot ne Tristan" Per cui l'Ancelot' e poi 'Lancelot, è il leale servitore il cui compito è liberare la regina dell'Opera dalle tenebre, dal 'nero', per poi diventarne l'amante.

Per quanto riguarda il primo punto vediamo ad esempio il Pernety: " ... il servitore, domestico, è il nome che i Filosofi hanno spesso dato al loro Mercurio. Trevisano lo chiama il nostro servo rosso, il Filalete e molti altri lo chiamano nostro servo fuggitivo a causa della sua volatilità .... " (3)

Per il romanzo di Chrtien nel suo insieme, e l'inevitabile amplesso tra Lancillotto e Ginevra, è ottimo un passo di Nicolas Valois (4) che hanno il vantaggio di testimoniare un'antica tradizione simbolica che risale almeno ai greco-alessandrini:

" ... E` questa Acqua prigioniera (la Nostra Regina) che grida senza posa: Aiutami e ti aiuterò. Cioè liberami dalla prigione, e una volta che mi avrai fatto uscire, ti renderò padrone della fortezza in cui sono racchiusa. L'Acqua dunque che è racchiusa in questo Corpo è la stessa natura di Acqua che gli diamo da bere (Lancillotto), che è chiamata Mercurio Trismegisto, di cui intende parlare Parmenide quando dice: "Natura si allieta in Natura. Natura supera Natura e Natura contiene natura".

Perché quest'acqua imprigionata si allieta col suo compagno che la viene a liberare dai sui ferri, si mescola con lui (l'amplesso, l'adulterio) ed infine convertendo in se stessi la detta prigione, e rigettando ciò che è loro contrario, che è la preparazione, sono trasformati in acqua mercuriale e permanente ... "

Torniamo al nostro romanzo, che incomincia il giorno dell'Ascensione cosicché sappiamo sin dall'inizio di cosa si tratta, quale è lo scopo: è quello che in termini tecnici si chiamerebbe una sublimazione, o, con chiaro simbolismo, il passaggio dal nero al bianco.

La regina è prigioniera di un malvagio: Méléagant, figlio del re Gorre. Noi leggiamo 'mescolato alla ganga' il nome del custode della prigione, e vediamo in Gorre una probabile deformazione di Gore, gora, oppure un derivato di gorge; comunque un'indicazione di cavo e profondo. E` la vecchia quercia cava della più antica tradizione. D'altronde Gorre è un regno da cui nessuno straniero può evadere. Chi vi giunge resta prigioniero per sempre. Si noti che la liberazione della regine comporta la libertà per coloro che vi sono trattenuti. E` un possibile riscatto globale. Nel microcosmo alchemico vuol dire che tutta la materia è purificata. Ora, per entrare nel regno vi sono soltanto due modi, comunque entrambi difficili:

" Vous trouverez obstacle et trépas car c'est périlleuse d'entrer en ce pays .... L'accés n'en est permis que par deux cruels passages. L'un a nom pont dessous l'eau, parce qu'il vraiement sous l'eau entre le fond et la surface, il n'a qu'un pied et demi de large et autant d'épaisseur.

L'autre pont est le plus mauvais et le plus périlleux que jamais l'homma n'ait passé. Il est tranchant comme une épée et c'est pourquoi tous le gens l'appellent le pont de lépée ..." (5)

 

Dunque due vie, una 'umida' e una 'secca'. Nella seconda, la via della 'spada?, l'acciaio magico (il chalybs del Cosmopolita e di Filalete) sostiene un ruolo fondamentale e insostituibile. Ricordo un passo di un autore poco noto: " ... prendi dell'acciaio ben affilato e aprile (alla materia) le viscere e troverai questa seconda materia dei Filosofi .... Ma senza acciaio ben raffinato e lavorato dalla mano di un buon Maestro, non pensare di venirne a capo ..." (5)

Da qui il simbolismo della spada magica, usato in tanti racconti, a indicare la via iniziatica prescelta. Pensiamo a Excalibur, la più famosa, dal nome così facilmente interpretabile. Lancelot et Gauvan devono scegliere. Il primo va per la via secca, il secondo per l'altro. Vedremo che Gauvain fallisce, possibile suggerimento sull'umidità di questa strada.

Notiamo che Lancelot a questo punto è ancora in 'incognito'. Di più, è disprezzato per aver accettato di montare su una carretta di ludibrio, e quindi per essersi volontariamente avvilito senza motivo apparente. Per comprendere, è illuminante il gioco cabalistico, peraltro molto trasparente: charette va inteso come diminutivo di charrèe, la cenere che si usa per la liscivia e come fertilizzante per i campi: " ...... O quam praeciosus est cinis ille filiis doctrinae , & quam praeciosum est quod ex eo fit " (7) (In Turba).

 

Dicono i Maestri, raccomandandoci di non disprezzarla. E` la piccola 'Cenerentola' che tra l'altro fornisce la scarpetta di vetro, di verre, vert, il Verde inestimabile, che sarà stimolo per un'altra avventura, dedicata questa volta a Galvano (8). E` il colore del vaso prezioso, del Santo Graal, (il sangreal, il sangue regale). La materia va cotta col suo sangue e, come insegna la Turba, tutto ciò che ha sangue ha anche spirito.

Proseguiamo. Lancelot dunque parte per la via che ha scelto, quella che gli era predestinata da sempre, e va pensoso: " ... come un uomo che non ha né forze né difese verso Amore che lo governa. Dimentico di se stesso, non sa se è o se non è. Non ricorda il proprio nome. Non sa se è o non è armato. Non sa né dove va né da dove viene. Non ricorda nulla, se non una cosa, una cosa soltanto, e per quella ha dimenticato tutte le altre. Pensa soltanto a quella, tanto che non vede e non sente nulla."

Descrizione dell'iniziato immerso nella Via, ma anche di ogni uomo immerso nel mondo e nel cammino della vita, ignaro del suo vero nome, delle sue origini e del suo traguardo. La differenza consiste, per l'iniziato, non tanto nelle conoscenze che possiede, perché gli sono trasmesse in uno dei due modi legittimi, ma piuttosto nell'avere egli una direzione (non vogliono qui dire "obiettivo" perché si eliminerebbe la necessaria gratuità del percorso). Ha una guida, un punto di riferimento la Stella Polare) e perciò, mirando solo a quello, si scopre sempre più 'in sonno' verso la vita profana, mentre si 'risveglia' all'interno.

Ovviamente, in una prospettiva più 'tecnica', questa è anche la descrizione dello Spirito corporificato del nostro fuoco, che a questo punto non è ancora passato dallo stato potenziale a quello attuale, è ancora 'insonnolito', e tuttavia è lo stesso amor che guiderà tutta l'opera. Amor che, con un anagramma ben noto, diventa Roma, ...., la 'forza forte di ogni forza della Tavola di Smeraldo, quella che può vincere ogni cosa sottile e penetrare qualsiasi cosa densa. Le due letture sono tanto più coerenti, se si tiene conto che entrambi, fuoco e iniziato, hanno diritto al titolo nobilissimo di artigiano, e sono stati conglobati nel simbolo unitario di Elia Artista.

Lancelot prosegue per la sua strada, e passa per un cimitero, dove trova un sarcofago coperto da una pietra così pesante che, come lo avverte il guardiano (un monaco) (9): " ... pour la lever, il faudrait sept hommes plus fort que vous et moi ne sommes" (10).

Porta una scritta: "Colui che solleverà da solo questa pietra, libererà quelli e quelle che sono prigionieri in questa terra da cui non possono uscire né servi né gentiluomini nati altrove". E' una epitome dello stesso romanzo. Sollevare la pietra tombale, è lo stesso che liberare la Regina e superare la fase della 'putrefactio', laddove sette sono le reiterazioni necessarie. Lancelot solleva la pietra senza alcuna difficoltà. Giunge poi da un gentiluomo che fornisce le ultime indicazioni sulla via da seguire. Si scopre qui che vi sono due modi per giungere al pont de L'Epée, al ponte della Spada. Una strada più sicura e tranquilla, ma lunga, e una rude e pericolosa, ma breve. Questa passa per il passage des pierres, il Varco delle pietre.

L'Ancillotto decide di andare per la via breve. noi peraltro abbiamo appreso che ci sono due vie secche, o che, perlomeno, dopo un inizio comune, questa via si bipartisce in lunga e breve. La discriminazione si verifica al momento della soluzione, che può essere dolce o violenta. Fulcanelli li spiega molto chiaramente.

Siamo infine al Pont de l'Epeée: "A l'entrée de ce pont terrible .... ils voient l'onde filoueuse, rapide et bruyente, noire et epaisse, aussi laide et épouvantable que si ce fût fleuve du diable. Et si périlleuse et profonde qu'il n'est nullle créature au monde si elle y tomabit qui ne soit perdue, comme en la mer salée. Le pont qui la traverse n'est pareil à nul autre qui fut ni qui jamais sera. D'un epée fourbie et blanche était fait le pont sur l'eau froide. L'epeée était clofichée .... Deux lions ou deux léopards à chaque tête di ce pont, enchaînés à una grosse pierre .... "

Descrizione della materia prima, nera, spessa, salata, rappresentata, come ricorda Fulcanelli, dall'immagine di Satana. L'acciaio è bianco, mentre i due leoni saranno evidentemente, uno verde e l'altro rosso, quelli del consueto simbolismo, un'unica materia nelle sue evoluzioni. Come viene detto nel seguito, passare quel ponte equivale a: "trattenere i venti, impedire agli uccelli di cantare, far rientrare un uomo nel ventre di sua madre, e farlo rinascere, vuotare il mare ...."

Cioè fissare il volatile, corporificare gli spiriti, reincrudare i corpi morti, cioè farli resuscitare rimettendoli nella sostanza originaria da cui tutti hanno preso vita, ed estrarre il corpo rivitalizzato dal mare, cioè dalla madre.

Lancillotto supera il ponte e giunge alla prigione della Regina dove deve combattere contro il suo carceriere. E' un combattimento violento, come descrivono tutti i Maestri, ma alla fine vince facilmente perché grazie a Ginevra il suo vigore diventa insuperabile: " ...essa ha accesso nel suo corpo la fiamma ... e questa fiamma lo rende ardentissimo."

Il servitore disprezzato è finalmente diventato il fuoco segreto che nulla può vincere, completamente trasformato da potenziale ad attuale, reso 'ardentissimo'. Contemporaneamente la Regina è libera, e la Madonna nera è diventata la nostra Vergine bianca e pura, l'operazione capitale è conclusa.

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NOTE

1) Nei Testi la scelta delle parole in evidenza è mia.

2) Ancillare: "subjicere, victigalem facere", in Du Cange, Glossarium mediae et infimae latinitas, Tomus, I.

3) Fables égyptiennes et grecques dévoilées ....

4) Les cinq livres ou la Clef du secret des secrets. Livre premier, Théorique.

5) Vi troverete ostacoli e morte, perché è cosa ben pericolosa entrare in questo paese .... L'accesso vi è possibile solo per due crudeli passi. Uno ha nome ponte sotto l'acqua, perché davvero è sotto l'acqua tra il fondo e la superficie, non ha che un piede e mezzo di larghezza e altrettanto di spessore. L'altro ponte è il più cattivo e pericoloso che mai uomo abbia traversato. E` tagliente come una spada, perciò tutti lo chiamano ponte della spada.

6) Dom Belin, Les aventures d'un Philosophe inconnu ....

7) Quanto è preziosa quella cenere per i figli della dottrina, e quanto è prezioso ciò che da lei si fa.

8) Sir Gawain e il Cavaliere Verde.

9) L'incontro con un eremita o un solitario, è fondamentale nell'Opera.

10) ... per sollevarla occorrerebbero sette uomini, più forti di quel che voi ed io non siamo.

11) ... All'ingresso di questo terribile ponte ... vedono l'onda che scorre, rapida e fragorosa, nera e spessa, orrenda e spaventosa come fosse fiume del diavolo. Così pericolosa e profonda che non vi cadrebbe creatura al mondo senza perire, come nel mare salato. Il ponte che la traversa non è simile ad altro che sia stato o che mai sarà. Da una spada affilata e bianca era fatto il ponte sull'acqua fredda. La spada era forte e rigida, e lunga due lance. Su ogni riva stava un foro ove la spada era infissa. Due leoni e due leopardi a entrambi i capi del ponte, incatenati a una grossa pietra ....

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ESSER GNOSTICI OGGI:

UNA RIFLESSIONE

di Claudio Bonvecchio

La parola "Gnosi" sembra oggi evocare universi lontani, sconosciuti, se non impraticabili. Sembra rimandare ad un sapere un pò polveroso, dove una erudizione (apparentemente) obsoleta si fonde con altrettanto (apparentemente) obsolete dottrine religiose: un patrimonio, insomma, da filologi professionisti, da teologi, forse anche da filosofi, non da uomini semplici. Un patrimonio lontano comunque dal sapere comune e dalla vita quotidiana di un individuo del XXI secolo. Ed invece, le cose non stanno proprio così.

Oggi più che mai le antiche dottrine gnostiche mostrano tutto il loro fascinoso splendore, come un gioiello prezioso ritrovato in un cassetto da tempo dimenticato. Un gioiello che può essere portato con l'orgoglio e il piacere di chi sa apprezzare la manualità degli artefici, la ricchezza del lavoro, la raffinatezza del materiale. Rappresentano infatti, le dottrine gnostiche, una risposta "forte" al travaglio della modernità, alla solitudine di una umanità immersa nelle tenebre dell'ignoranza, al venir meno delle tradizionali dottrine religiose, al tramonto delle ideologie, all'eclisse del simbolico: la linfa della vita del profondo.

Il messaggio gnostico non promette facili soluzioni, non concede nulla alle seduzioni estetiche, non offre -per usare di un linguaggio mass-mediatico - prodotti di largo consumo e neppure si rivolge, indiscriminatamente, a tutti. Si rivolge agli uomini di buona volontà: quegli uomini per cui parola come Luce, Verità, Perfezione, Scintilla Interiore hanno il potere di ridestare echi nascosti ed una profonda, insaziabile, nostalgia. Si rivolge a tutti coloro che desiderano risalire la china decadente di un mondo insensato e nemico dello Spirito: privo di Luce e di verità. Si rivolge a tutti coloro che credono -anche se non lo conoscono- ad un dio lontano e nascosto, vicino però a chi desidera farglisi incontro.

Il messaggio gnostico vuole il ritorno degli uomini ad una vera Dimensione Spirituale o pneumatica e vuole che ciò avvenga con un processo conoscitivo (gnostico) interiore. Un processo che, con equilibrio, senza dogmatismi, ma con salde convinzioni, porti a ravvisare il fuoco interiore, celato in tutti coloro che lo riconoscono come l'impronta eterna del Deus Absconditus.

E` il fuoco del Pleroma o pienezza del divino che rende l'uomo -che in esso si risveglia - partecipe, direttamente, dal divino in un processo di riscoperta della Totalità: cioè di se stesso.

Abbandonate alcune superflue accentuazioni simboliche, la Gnosi vuole essere -oggi più che mai- la riproposizione di un modello di Totalità, in grado di dare in senso all'individuo e alla collettività. Un modello capace di fondere -sincreticamente- nelle confessione di un unico Dio, la ricchezza spirituale dell'umanità. Una ricchezza che diventa per ciascuno la meta agognata e la vera unica Dimora: la Casa di Sempre.

 

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